Il calcio brasiliano e quello sudcoreano hanno un legame più profondo di quanto si possa pensare. Un esempio è quello di Cesinha, talento sbocciato relativamente tardi, che ha trovato in Corea del Sud una nuova patria e un amore infinito da parte dei tifosi.
In America Latina si stima che risiedano circa 106.000 abitanti di origini coreane. Circa la metà di loro vive in Brasile e un abbondante 80% di tale gruppo si è stabilito nella sola città di São Paulo. Questa statistica è una delle tante che sanciscono come esista un’interconnessione vitale e prolifica tra Brasile e Corea del Sud. Nel 2006 i due paesi hanno firmato un accordo culturale che li ha ulteriormente vincolati, tanto che attualmente la Fundación Corea si occupa di gestire i numerosi scambi interculturali a livello universitario e lavorativo tra Brasilia e Seul. Non bisogna dunque stupirsi della presenza di numerosi giocatori brasiliani che hanno deciso di costruirsi una carriera in Cina, in Giappone (dove si trova la seconda comunità di emigrati brasiliani più grande al mondo) o, appunto, in Corea del Sud. Uno di loro è César Fernando Silva dos Santos, meglio noto come Cesinha.
Classe 1989, l’attaccante brasiliano ha lasciato la Série A brasiliana per cercare fortuna nella K-League. Nell’arco di sei anni non solo è diventato un’icona del Daegu FC, club in cui attualmente milita, ma anche uno dei giocatori più apprezzati nella penisola coreana, nonché uno dei più decisivi e impattanti in assoluto. Abbiamo avuto l’onore di poter parlare con lui della sua carriera, dagli esordi in Brasile all’esperienza asiatica, di come si sia adattato ad uno stile di vita radicalmente diverso e dell’amore, ricambiato da parte dei tifosi, per la Corea del Sud, la nazione che lo ha adottato e che lui è disposto anche a rappresentare in campo a livello internazionale.
Gli esordi brasiliani di Cesinha
La carriera da professionista di Cesinha prende avvio relativamente tardi, nel 2010, dopo tre anni trascorsi nelle giovanili del Corinthians. Inizia a farsi notare nel 2012: a 23 anni fa il suo esordio da subentrato in Série B e in meno di dieci minuti trova subito il gol contro il Criciúma terzo in classifica. La squadra che lo aveva prelevato dal Timão era il Bragantino, oggi uno dei club più noti targato Red Bull e tra i più interessanti in Brasile. All’epoca, però, la situazione era radicalmente diversa da quella attuale.
Com’era il club prima del cambio di proprietà?
“Il Bragantino allora non era un club dalla grandi risorse finanziarie, ma per i giovani era un ottimo posto per crescere. Disputava campionati di buon livello ed era un’opportunità per mettersi in mostra e passare dopo alle società brasiliane più importanti. Oggi la situazione è decisamente cambiata: finanziariamente il club è cento volte migliore e la città è ottima”.
Con il Bragantino trova sempre più spazio nei tre anni di permanenza e si conferma come uno dei migliori giocatori della seconda divisione. Nel 2014 decide di puntare su di lui l’Atlético Mineiro, uno di quei club brasiliani più importanti. Gioca in massima serie e riesce anche ad esordire in Copa Libertadores, contro il Colo Colo. Tuttavia non scende in campo con continuità e alla fine torna al Bragantino. Cesinha rimane ancora un anno in Série A, visto che il neopromosso Ponte Preta decide di renderlo uno dei suoi riferimenti offensivi. Neanche qui, però, riesce a trovare fortuna e torna ancora una volta al Bragantino. Il destino, però, lo porterà lontano dal club che lo ha lanciato e dal Brasile.
Il prestito risolutivo
La chiamata del Daegu FC è la classica sliding door non solo di una carriera, ma di un’intera vita. Il Daegu aveva esordito ufficialmente nella prima divisione sudcoreana nel 2003 e, dopo dieci anni di permanenza, era retrocesso in seconda serie. Nella stagione precedente all’arrivo dell’attaccante brasiliano il club aveva chiuso al primo posto ex-aequo il campionato. È stato tuttavia costretto ai play-off a causa degli scontri diretti sfavorevoli, venendo eliminato in semifinale. Nel 2016 i tempi sembrano dunque maturi per la promozione. Cesinha è sempre titolare e, con 11 gol e 8 assist, si conferma tra i migliori giocatori della competizione. La società biancazzurra torna in K-League 1, questa volta per rimanere, questa volta con un Cesinha in più.
In effetti il Daegu FC non solo ha evitato la retrocessione, ma successivamente ha compiuto un’importante scalata verso la nobiltà del calcio coreano. Nel 2017 chiude all’ottavo posto, mentre nella stagione successiva riesce addirittura a vincere la coppa nazionale. Cesinha segna sia all’andata che al ritorno nella finale contro l’Ulsan Hyundai e rifinisce così quella che è la sua miglior stagione in carriera: nel frattempo, infatti, è risultato anche il miglior assistman del campionato, servendo 11 volte ai propri compagni il passaggio decisivo.
Nell’esordio assoluto del Daegu nella AFC Champions League, contro il Melbourne Victory, segna e confeziona due assist per il 3-1 finale con cui i sudcoreani riescono ad imporsi. Il percorso si interrompe ai gironi per un singolo punto, cedendo il passo al cospetto di colossi come Sanfrecce Hiroshima e Guangzhou Evergrande. Intanto, però, Cesinha ha finalmente trovato i riconoscimenti, l’affetto e la sicurezza che gli sono mancati in patria agli esordi.
Nel 2021 il Daegu chiude al terzo posto in campionato, il miglior piazzamento di sempre, e raggiunge nuovamente la finale di coppa nazionale. All’andata vince 0-1 contro lo Jeonnam Dragons, al ritorno perde 3-4 in casa: la regola dei gol in trasferta sancisce la medaglia d’argento. Nonostante un campionato quest’anno disastroso, con il club biancoazzurro fermo al penultimo posto, e diversi infortuni che gli hanno impedito di trovare continuità, Cesinha è comunque il secondo miglior marcatore stagionale del club con 6 reti e il miglior assistman (5). Con il Daegu, fino ad ora, ha disputato 232 partite, con 92 gol e 63 assist. Se non sono numeri da leggenda del club questi…
Cesinha fra idee ed evoluzione tattica
In effetti risulta decisamente interessante analizzare l’evoluzione che ha attraversato il calciatore rispetto alla sua iniziale esperienza in patria. Il calcio sudcoreano, così come accade generalmente in Estremo Oriente, è un calcio celere, quasi ipercinetico. Uno stile radicalmente diverso rispetto a quello con cui Cesinha è cresciuto in Sudamerica, come lui stesso ha affermato.
Qual è la tua idea di calcio? Come sei riuscito a coniugare la tua esperienza in patria con un calcio totalmente diverso come quello sudcoreano?
“Il calcio in Brasile ha un ritmo più compassato: si gioca molto di più la palla, qui in Corea il ritmo è molto più rapido, perdi la palla e già sei dall’altra parte, non si fa molto possesso. Quello che ha fatto sì che mi adattassi rapidamente qui è stata la mia assoluta volontà di lasciare un segno e dimostrare il mio valore”.
In effetti in Corea del Sud Cesinha è maturato soprattutto sul piano mentale, maturando una determinazione e una costanza che lo hanno consacrato nel paese asiatico. Va evidenziato, tuttavia, come la maturazione a livello umano abbia accompagnato anche una crescita tecnica e soprattutto tattica. Se come prima punta non ha mai reso secondo le aspettative, è stata un’intuizione del suo allenatore dell’epoca Son Hyun-jun a farlo definitivamente sbocciare.
In Brasile giocavi come attaccante puro, ma sei riuscito a fornire le prestazioni migliori dopo essere stato arretrato tra centrocampo e attacco. Come hai vissuto questo cambiamento tattico?
“Sono sempre stato un giocatore fisico e che cerca la giocata individuale. Quando un nostro centrocampista si è infortunato l’allenatore mi ha messo in quella posizione. Ha funzionato così bene che se lo avessi saputo avrei cambiato di ruolo già in Brasile! Giocando da centrocampista ho raggiunto un livello che non avrei mai immaginato”.
Per quanto anche da centravanti abbia compiuto ottime prestazioni, soprattutto in seconda divisione, nelle veci di trequartista è risultato decisivo nel gestire la fase di transizione offensiva della sua squadra, sia come rifinitore che come attaccante di sostegno. Accompagna l’azione, gestisce i ritmi di gioco, segna e fa segnare: è il riferimento del Daegu, la sua anima, la sua identità. È da menzionare anche la sua capacità di adattarsi in tutti i ruoli offensivi: è stato schierato anche come attaccante esterno, prevalentemente a sinistra a piede invertito, dove ha potuto comunque far leva sulle sue doti tecniche, di dribbling e di visioni di gioco superiori e risultando ugualmente decisivo per i suoi compagni di squadra.
La nuova patria di Cesinha
In un periodo storico che è tornato ad essere particolarmente suscettibile sulla questione delle naturalizzazioni, il caso di Cesinha rappresenta un piacevole unicum. È difficile trasferirsi a tutt’altre latitudini, adattandosi ad uno stile di vita radicalmente differente non solo a livello lavorativo, ma anche sul piano più informale del quotidiano. Il brasiliano, invece, ha trovato la giusta alchimia con la sua nuova patria, la Corea del Sud, come ha dichiarato più volte in conferenza stampa. Un amore che vorrebbe dimostrare anche in altri modi.
Qualche tempo fa, dicesti che ti sarebbe piaciuto, avendo passato più di cinque anni nel paese, poter giocare con la Nazionale sudcoreana. L’ostacolo era il test per dimostrare di aver raggiunto un livello fluente di coreano: sei riuscito a passarlo?
“Mi interessa molto naturalizzarmi e vestire la maglia della Nazionale coreana. Ma non riesco ancora a parlare fluentemente la lingua, sto studiando ma ci vuole molto tempo per poterla parlare correttamente”.
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Non bisogna stupirsi, pertanto, se sia diventato così tanto amato nel paese asiatico. Si tratta di un elemento che dà lustro all’intera K-League 1 ed è un simbolo dei sacrifici che un professionista deve affrontare per poter raggiungere le proprie ambizioni a livello sportivo e lavorativo. È un leader in campo, è stato protagonista di alcuni dei momenti più intensi e importanti della storia del suo club e, come citato precedentemente, ha espresso a più riprese, con le parole e con i fatti, il desiderio di sancire in maniera indissolubile l’amore che ha sviluppato verso la Corea del Sud. Un amore, ovviamente, ricambiato.
Com’è il tuo rapporto con i tifosi coreani? Sappiamo che ti hanno dato il soprannome Messias, da dove viene?
“Il mio rapporto con i tifosi è meraviglioso, mi dimostrano tanto affetto che cerco di ricambiare. Il soprannome «Messias» è nato in occasione della prima vittoria della FA Cup, quando ho segnato in entrambe le partite della finale contro l’Ulsan Hyundai. Da allora mi chiamano così per aver fatto vincere al club il primo titolo della sua storia”.
La carriera del giocatore brasiliano incarna quei valori di sacrificio e attenzione, riscatto e redenzione, volontà e determinazione che tutti noi vorremmo ricercare in qualsiasi storia che si rispetti. Casa non sempre è dove si nasce, o meglio: casa è dove si rinasce, dove si vive, dove si matura e ci si forma a livello umano. Per queste ragioni la Corea del Sud è diventata una nuova casa per Cesinha e Cesinha stesso un modello e un punto di riferimento per tutti noi appassionati.
Intervista a cura di Matteo Cipollone e Davide Tuniz. Si prega gentilmente di citare Sottoporta in ogni riproduzione su altre parti. Ringraziamo Cesinha per la sua disponibilità.
Immagine di copertina realizzata da PSM SPORT, base tratta da:
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