Si suol dire che si fa di necessità virtù. Il Benfica non solo ha interiorizzato tale motto, ma lo ha reso il diktat che ha guidato la società portoghese a diventare uno dei modelli sportivi più sani e vincenti al mondo.
Chiunque abbia un minimo di attenzione alle vicende del calcio mondiale avrà notato la quantità e qualità dei giocatori venduti dal Benfica nell’arco degli ultimi anni, se non già da prima. João Félix, Rúben Dias, Darwin Núñez ed Enzo Fernández sono state solo alcune fra le fenomenali operazioni in uscita del club di Lisbona. sono state solo alcune fra le fenomenali operazioni in uscita del club di Lisbona, che sembra aver costruito una macchina perfetta per scoprire, sviluppare e cedere grandi giocatori da tutto il mondo – senza intaccare più di tanto la competitività del club, anzi probabilmente alimentandola.
In casi come questi, si fa presto a ridurre tutto ad uno specifico aspetto: la direzione sportiva, lo scouting, la guida tecnica, eccetera. La conseguente verità sembra essere che il Benfica è un esempio di come la coerenza dell’operato nelle varie “sfere” del club possa generare risultati eccezionali anche quando le risorse a disposizione non sono enormi. Anzi, l’ascesa delle Aquile nasce proprio da una situazione in cui il club non aveva alternative diverse da puntare sulla sostenibilità.
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Vent’anni di crisi
Per il Benfica, infatti, negli anni Ottanta era iniziata una fase complicata sul piano economico. Sotto la presidenza di Jorge de Brito il club aveva accumulato grossi debiti. La situazione si è aggravata con le gestioni successive: diversi tentativi di rilancio andati a vuoto avevano finito solo per peggiorare la situazione finanziaria. Simbolico un dato: il presidente Manuel Damásio – in carica per meno di quattro anni – ha tesserato più di cento giocatori diversi per il Benfica. Poco dopo il suo addio, nel 2001, la squadra aveva chiuso la Primeira Liga al sesto posto, il piazzamento peggiore nella storia del club.
Il cambiamento nella storia del Benfica ha un nome e un cognome: Luís Filipe Vieira. Eletto nel 2003 come nuovo presidente, in due anni riporta il club sul tetto nazionale. C’è di più: dopo alcuni anni comprende che l’equazione spesa uguale vittorie non regge nel calcio. O meglio, magari può funzionare per il Real Madrid, ma quasi tutte le altre squadre hanno l’obbligo di mettere la sostenibilità al centro della propria programmazione. Non può esistere competitività nel medio-lungo periodo per un club che non riesce a generare in autonomia le risorse per acquistare nuovi calciatori. Così, dopo gli ennesimi problemi finanziari tra il 2009 e il 2010, il Benfica cambia volto.
Il nuovo inizio del Benfica: i giovani al centro del villaggio
La nuova era del Benfica poggia su due pilastri fondamentali: lo sviluppo dei giovani e la direzione sportiva. Il primo fra i due è certamente il più ricco di sfaccettature. Negli anni il club lusitano ha maturato una capacità eccezionale sia nell’acquisto dei giovani dall’estero sia nel “farseli in casa”. Quest’ultimo punto, merito di un settore giovanile attentissimo e fra i più competitivi d’Europa. Lo ha raccontato a Cronache di Spogliatoio il responsabile della fabbrica di talento del Benfica, Rodrigo Magalhães:
La nostra filosofia è che i ragazzi devono affrontare sfide e mettersi in gioco. Della serie: sei forte? Giochi con la categoria superiore.
Un’altra peculiarità del Benfica è poi la capacità di integrare i migliori prodotti del vivaio in prima squadra – un punto in cui troppo spesso si fa fatica dalle nostre parti. Qui entrano in gioco i meriti dell’altro ingranaggio che avevamo menzionato, cioè la direzione sportiva. Nell’ultimo decennio, il club ha incassato molto più di quanto ha speso sul calciomercato per ridurre l’indebitamento. Nonostante ciò, il connubio fra leader di grande esperienza – come sono oggi Nicolás Otamendi e Ángel Di María – e giovani di talento ha permesso al Benfica, fra le altre cose, di raggiungere sempre la fase a eliminazione diretta di una competizione europea nelle ultime cinque stagioni.
Il presente e il nuovo corso di Roger Schmidt
Nell’estate del 2021, dopo essere stato arrestato in seguito a uno scandalo interno al calcio portoghese, Vieira ha lasciato il posto al suo vice, Rui Costa. Un anno dopo, la gestione dell’ex fenomeno del Milan ha scelto di affidare la guida tecnica a Roger Schmidt, uno fra i più estremi esponenti della scuola tedesca di Rangnick, Klopp e compagnia. Un cambiamento radicale rispetto a un passato in cui il Benfica aveva sempre puntato su allenatori vincenti ma senza un’impronta così netta sul gioco della squadra, da Trapattoni fino a Jorge Jesús. Così il club sembra aver fatto un altro piccolo passo verso la modernità.
Oggi il Benfica è una delle squadre più sane al mondo sul piano economico. In ambito strettamente calcistico, c’è da aspettarsi che quella appena iniziata sarà la stagione in cui inizieremo a parlare del portiere Anatolij Trubin e del centrocampista Orkun Kökçü, rispettivamente classe 2001 e 2000, su cui il club ha investito in totale 35 milioni in estate. D’altra parte, la programmazione nel calcio può portare grandi risultati: poche squadre nel mondo lo dimostrano meglio del Benfica.
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