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Resto d'Europa

Utrecht: chi non osa, non conquista

Wie niet waagt, die niet wint. C’è un proverbio molto popolare nei Paesi Bassi e molto caro proprio a Utrecht, gioiello medievale olandese fatto di canali e poesia. Base perfetta per visitare molte altre località e città del paese, che sono facilmente raggiungibili in treno in breve tempo. Lo spirito Wie niet waagt, die niet wint che suona tipo “Chi non risica, non rosica”, incoraggia a lavorare sodo per raggiungere i propri obiettivi.

Insomma il lavoro duro e la perseveranza sono valori molto apprezzati. Se ancora non siete convinti, una volta raggiunta la stazione di Utrecht Centraal prendete la linea tram 21 e scendete dopo un paio di fermate. Vi troverete davanti allo Stadion Galgenwaard. Vi sarà sufficiente sbirciare dagli angoli aperti, che fanno passare il vento verso il campo per convincervi ad immergervi nel clima che quest’anno Utrecht sta vivendo grazie al coraggio di una squadra che osa puntare in alto.

L’Eredivisie è da sempre dominata dalle “Big Three” – Ajax, PSV e Feyenoord – che insieme hanno vinto il 92% dei titoli dal 1956. Superare questo dominio è un’impresa titanica, ma l’FC Utrecht vuole dimostrare che nulla è impossibile. Da anni stabilmente tra le prime sette, l’Utrecht sta vivendo una stagione avvincente, alla base un progetto solido che si fonda su una strategia chiara, una rosa competitiva e un settore giovanile in crescita. Inoltre, con l’eliminazione del Benfica dalla Champions League, l’Eredivisie si prende il sesto posto nel ranking UEFA e si assicura due posti diretti nella fase a gironi della massima competizione europea a partire dal 2026/27. Una svolta epocale che premia la crescita del campionato olandese.

E chi meglio dell’FC Utrecht può incarnare questa rinascita? Autentica rivelazione della stagione 2024/25, il club biancorosso sta vivendo un sogno che nessuno avrebbe potuto prevedere. Un gruppo affamato e un pubblico gasato come non lo era da tempo. Non più una semplice outsider, ma una squadra che punta in alto, con la Champions nel mirino. La città intera sogna a occhi aperti, l’entusiasmo alle stelle e il Galgenwaard è sempre esaurito, proprio come quel giorno della finale della Coppa del Mondo FIFA Under 20 del 2005, con un giovane Lionel Messi in campo e match winner, ma questa è un’altra storia…

Dai locali storici lungo l’Oudegracht (il canale più suggestivo della città) fino ai bar più moderni, ogni partita è un evento. I cori risuonano tra le strade, le pinte scorrono senza sosta e ogni gol scatena gioia collettiva. Mick O’Connell’s, Kafé België, Café de Stad: sono solo alcuni dei punti di ritrovo dove i tifosi si radunano in una bolgia di colori biancorossi.

La struttura difensiva dell’Utrecht è la chiave per la sua efficacia offensiva. In fase di costruzione, i difensori centrali si allargano, permettendo ai terzini di spingersi molto in alto, quasi fino al terzo offensivo del campo. Questo crea una formazione insolita e invertita, dove i terzini garantiscono ampiezza e pericolosità offensiva. I terzini si scambiano spesso di posizione con gli esterni d’attacco, generando movimenti fluidi e allargando il gioco e sono veri e propri protagonisti del gioco offensivo.

Grazie a questo approccio, l’Utrecht può permettersi di schierare quattro giocatori centrali in attacco, mantenendo comunque l’ampiezza grazie alla spinta dei terzini. Quando gli avversari provano a difendere, si trovano costretti a fronteggiare più minacce offensive, sia centrali che sulle fasce. A destra, Siebe Horemans, acquistato dall’Excelsior Rotterdam. e a sinistra Souffian El Karouani, fondamentali per l’equilibrio tattico della squadra. El Karouani ha già fornito 7 assist, con 2 passaggi chiave e 2.3 cross precisi a partita. Il marocchino è spesso il giocatore più avanzato, motivo per cui il suo numero di assist deriva da cross chiave nell’area di rigore, trasformati dalle minacce aeree della squadra nell’area avversaria.

Ma non è solo una questione di numeri: la loro capacità di muoversi in modo fluido tra difesa, centrocampo e attacco crea costantemente superiorità numerica, liberando spazio per gli esterni offensivi come Cathline e Rodriguez. Il loro stile di gioco diretto si sposa perfettamente con questa tattica: spesso saltano il centrocampo con lanci lunghi verso gli attaccanti, sfruttando poi la posizione avanzata dei terzini per creare ulteriori occasioni da gol.

C’è chi nasce per fare gol. Chi per difendere con ferocia. E poi c’è Yoann Cathline. A lui non serve il fisico, ha le caviglie dei grandi giocolieri e il coraggio di chi non teme l’uno contro uno, anzi lo cerca. A Utrecht si è preso la fascia sinistra con la leggerezza di chi entra in casa propria: non ha chiesto permesso, si è fatto notare con accelerazioni verticali e dribbling incrociati che disegnano serpentine sulle zolle. Non cerca mai la giocata più semplice, ma nemmeno quella inutile. Il suo modo di giocare richiama una danza africana, un misto di potenza contenuta e ritmo. E il pubblico lo sa.

Al Galgenwaard, quando Cathline riceve palla largo e punta l’avversario, c’è un attimo di silenzio. È l’attesa del colpo di teatro. Perché con Yoann ogni dribbling è una promessa di caos, perché lui è nato per dribblare e scompigliare le certezze altrui con un tocco leggero e un cambio di direzione fulmineo. Questa flessibilità tattica rende l’Utrecht estremamente imprevedibile ed è stata una delle chiavi della loro partenza lanciata in Eredivisie con una sfilza di successi nelle prime partite stagionali che ha sorpreso tutti ma non il Re delle Vittorie, mister Ron Jans.

Il merito principale va riconosciuto alla brillante strategia di Ron Jans, che con 250 successi, è l’allenatore più vincente dell’Eredivisie in questo secolo. Un traguardo straordinario, se consideriamo che non ha mai guidato i grandi colossi del campionato, ma club come Groningen, Heerenveen, PEC Zwolle, Twente e Utrecht appunto. Ora, con l’FC Utrecht in piena lotta per l’Europa, è ufficiale che Jans resterà anche la prossima stagione. Un rinnovo che sa di fiducia e di ambizione, con il sogno europeo sempre più vicino. È specializzato nello sviluppo di giovani talenti offensivi e sicuramente trae ispirazione anche dall’esperienza con giocatori come Luis Suárez. Sì, fu proprio l’allenatore classe ’58 a lanciarlo nel Groningen alla prima stagione in Europa.

Il Re delle Vittorie ha trasformato Utrecht in una squadra dinamica e imprevedibile, puntando tutto sul gioco sulle fasce. Oltre alla sinergia tra esterni e terzini, la squadra di Jans predilige un gioco verticale: cerca spesso la seconda palla dopo lanci lunghi, per poi attaccare in velocità palla a terra nell’ultimo terzo di campo. Il coinvolgimento simultaneo di quattro giocatori centrali e due larghi crea una costante superiorità numerica. Formalmente schierati con un 4-2-3-1, ma spesso si trasformano in un 4-3-1-2 o persino in un 2-2-6 in fase offensiva.

L’attaccante e il trequartista agiscono praticamente come una coppia di punte, scambiandosi spesso posizione per disorientare la difesa avversaria. Entrambi si propongono come riferimenti in area, rendendo complicato il compito dei marcatori. La presenza di due mediani consente ai centrali di allargarsi in fase di costruzione, mantenendo equilibrio mentre i giocatori offensivi si muovono con libertà. E questo di traduce spesso in transizioni rapide dalla difesa all’attacco.

Paxten Aaronson sta diventando sempre più di ciò che prometteva: non solo un talento tecnico, ma un centrocampista totale, elettrico, capace di accendere il gioco con un’accelerazione, un passaggio verticale o un recupero in pressione alta. È ancora giovane (classe 2003), ma questa sua prima vera stagione completa in Europa gli ha già lasciato un segno indelebile. Qui a Utrecht ha dimostrato di sapersi adattare a un ruolo più arretrato rispetto a quello ricoperto all’Eintracht Francoforte, dove agiva con maggiore libertà offensiva.

Ha imparato a resistere meglio nei contrasti, a recuperare palloni, a lavorare sporco — qualità fondamentali per chi vuole affermarsi davvero nel calcio europeo. Il talento creativo non gli è mai mancato, ma oggi Paxten è un giocatore più completo, più maturo. I 7 gol stagionali messi a segno sono un buon bottino, anche se con un po’ più di intraprendenza nell’area avversaria, il numero poteva essere ancora più alto. La sua etica del lavoro richiama inevitabilmente quella del fratello maggiore Brenden, ma Paxten ha qualcosa di diverso: è più elegante nei movimenti, più fluido nel controllo, più composto nelle scelte.

A fine stagione tornerà a Francoforte con nuove idee e molte più frecce al suo arco. E chissà che questa versione aggiornata di Paxten non possa finalmente guadagnarsi anche un posto stabile nella nazionale maggiore. Il talento c’è, la testa pure. Ora tocca a lui prendersi la scena. Per chi spicca il volo e per chi torna alle origini: Sébastien Haller, a sette anni dalla sua partenza, ha riabbracciato Utrecht e il club che lo aveva lanciato nel grande calcio europeo. In prestito dal Borussia Dortmund fino a fine stagione, Haller è tornato a calcare il prato dello Stadion Galgenwaard, che non ha mai smesso di considerare casa.


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Immagine di copertina realizzata da Fabrizio Fasolino

Di Fabio Terenzi

Tra numeri e dati, la mia passione è raccontare storie di calcio internazionale degli anni '70 e '80, analizzando formazioni e aneddoti. Trasformo il mio lavoro quotidiano in uno strumento per rivivere quel periodo, senza nostalgia però! Il primo "libro di geografia" è stato l'album delle figurine, che mi ha fatto scoprire il mondo, anche attraverso il calcio.

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