Thomas Müller e la sua duttilità sono state le vere arme in più del Bayern Monaco e della Nazionale tedesca.
Che ci piaccia o meno siamo tutti in continuo confronto con ciò che ci circonda, siamo naturalmente portati a cercare e misurarci con i nostri punti di riferimento. In un mondo che ci illude di poter fare “tutto da soli”, sapere di avere dei continui riferimenti non è piacevole. Immersi in quest’ottica individualistica, questo assunto vale soprattutto per chi pretende di ragionare esclusivamente con la propria testa. Thomas Müller questa presunzione non l’ha mai avuta.
L’assenza di punti di riferimento
I calciatori non si esimono da questa particolare caratteristica del mercato, la continua e ossessiva ricerca della specializzazione, di emergere in un determinato campo. Ciascuno cerca di affinarsi per poter offrire un servizio unico alla propria squadra. C’è chi cerca di perfezionare il lancio lungo, chi il contrasto, chi il tiro dalla distanza e chi quello dalla distanza ravvicinata. Una volta raggiunta la maturità a livello tecnico nel proprio fondamentale, questo diventa un vero e proprio punto di riferimento, un tratto distintivo e indelebile. Poi c’è Thomas Müller, che invece non ha mai avuto dei punti di riferimento fissi sui quali focalizzarsi.
Sin dall’inizio della sua carriera, il tedesco si è reso conto di non eccellere quasi in nulla. Müller è consapevole delle sue lacune tecniche, sa perfettamente di non poter fare quello che vuole con il pallone tra i piedi, né di avere una tecnica cristallina. Grazie alla sua intelligenza e determinazione, però, si è concentrato nella cura di ogni singolo aspetto del gioco. La grandezza di Thomas Müller è proprio questa: una volta compreso di non potersi specializzare in un singolo fondamentale, è riuscito invece a divenire un giocatore completo, utile in ogni settore del campo. E così è riuscito a trovare una vastissima gamma di soluzioni per qualsiasi situazione, adattandosi di volta in volta, sempre con una giocata diversa. Chi si ritrova a marcare il numero 25 non sa mai se coprire il destro, il sinistro, tentare l’anticipo o temporeggiare. Il talento bavarese è uno dei calciatori più imprevedibili dell’ultimo decennio.
La versatilità di Thomas Müller
Thomas Müller nella sua carriera ha ricoperto svariati ruoli, ognuno interpretato in maniera personale. Ad inizio carriera sembravo destinato ad essere un centravanti puro, poi ha fatto benissimo come incursore e negli ultimi anni si è riscoperto addirittura rifinitore. Nell’ultimo campionato si è aggiudicato il record di assist in una singola stagione in Bundesliga, siglando ben 21 passaggi vincenti. Il record precedente apparteneva a Kevin De Bruyne, che si è fermato a quota 20.
È difficile paragonare due giocatori così diversi: sembra quasi una bestemmia mettere a confronto la sinuosa eleganza del belga con i movimenti goffi e impacciati del bavarese. Eppure una cosa in comune ce l’hanno: la straordinaria capacità di vedere, anzi, creare gli spazi che altri non vedono. De Bruyne crea questi spazi quando ha la palla tra i piedi e sforna i suoi meravigliosi passaggi millimetrici sui piedi dei compagni; Müller, invece, li vede quando non ha la palla tra i piedi. Il tedesco riesce ad eseguire dei movimenti senza palla tanto insidiosi da poter influenzare l’intera azione senza mai aver toccato il pallone. In un’intervista si è autodefinito Raumdeuter: la traduzione più consona per questo termine è ritagliatore di spazi e sembra calzare a pennello per le capacità della bandiera bavarese.
Nell’arco della sua carriera si è sempre mostrato come un calciatore dall’intelligenza tattica sopraffina, con un’astuzia assai rara nei movimenti offensivi ma al contempo una lettura del gioco così profonda che, di solito, è caratteristica solamente dei centrocampisti. Il suo stile di gioco rispecchia esattamente la sua personalità: sobrio, pulito e soprattutto efficace. Non eccede mai in dribbling complessi e non si avventura in pericolose escursioni palla al piede, appoggia sempre in modo pragmatico ai compagni, si rende disponibile per il completamento di triangoli e fornisce sempre una soluzione offensiva pericolosa per poter far avanzare la squadra.
Critiche e risposte
Nonostante tutto, Thomas Müller non è stato esente da numerose critiche. Ma si può intuire facilmente la grandezza del calciatore solamente guardando il suo palmarès. In bacheca può vantare ben 9 campionati nazionali, accompagnati da 6 Coppe di Germania; in Europa è stato protagonista della storica Champions League del 2013, vinta in finale nel derby teutonico contro gli acerrimi rivali del Borussia Dortmund. Anche in ambito internazionale può sfoggiare un trofeo piuttosto ambito: la medaglia d’oro nel Mondiale brasiliano del 2014.
Anche se può sembrare da pazzi, a volte perdere tutti i nostri punti di riferimento può farci capire chi siamo realmente, può farci scoprire talenti e potenzialità che non avevamo mai neanche solo immaginato di avere. Proprio quando trascendiamo da questo schema fisso della specializzazione riusciamo a tirar fuori il meglio di noi stessi. Müller, nonostante fosse a conoscenza dei suoi limiti, non si è mai arreso.
È nato e cresciuto a 50 km da Monaco di Baviera ed il suo sogno è sempre stato quello di diventare una bandiera della sua squadra del cuore. Ha capito che, una volta arrivato in prima squadra, avrebbe dovuto continuare a reinventarsi e migliorarsi e non si è fermato di fronte a nulla. C’è una frase di Winston Churchill che sembra rispecchiare perfettamente la carriera e la vita del Raumdeuter. “Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta.”
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Fonte immagine di copertina: Instagram Thomas Müller