Breve storia del campionato islandese, tra luci e ombre del gioco più bello del mondo. Mettetevi comodi e preparatevi a viaggiare verso l’Islanda, una terra misteriosa e affascinante per mezzo di una guida calcistica di cui non sapevate di avere bisogno.
Dopo un apparente periodo d’oro sublimato nella storica vittoria per 2-1 contro l’Inghilterra ad Euro 2016, il movimento calcistico islandese ha subito una forte involuzione. L’arrivo della pandemia non ha fatto altro che accelerare le cose ed esasperare ulteriormente problemi presenti già da tempo. La nazionale islandese continua ad alimentare la favola dell’underdog amato da tutti. Grazie anche a giovani interessanti e a capolavori di marketing come la presentazione del nuovo stemma.
Ragnarök, il crepuscolo degli Dei
Tuttavia, i club della terra del ghiaccio e del fuoco non riescono a tenere il passo, trovandosi attualmente al quartultimo posto nella classifica UEFA per club. Sono davanti solamente a San Marino, Andorra ed Estonia. Tra le immediate conseguenze di tale declino vi è la perdita di uno slot per le competizioni europee. A partire dalla stagione 2022-2023, il campionato islandese qualificherà solamente tre squadre invece delle canoniche quattro.
Ciò si traduce in minori entrate, investimenti e acquisti di spessore, con il riemergere dell’atavico problema della retribuzione durante la pausa invernale. Con l’arrivo del gelo, infatti, il campionato si ferma e i giocatori non percepiscono un salario. La maggior parte supplisce con lavori extrasportivi, un vero handicap per atleti che non possono così concentrarsi esclusivamente sulla forma fisica. Le incertezze retributive fanno sì che molti giovani cerchino contratti migliori all’estero e vengano ingaggiati da club continentali ancor prima di esordire in prima squadra.
KR Reykjavik: oltre i cancelli del Valhalla
Tra le dodici squadre che militano nella Pepsideild karla, la massima serie islandese, il KR Reykjavik è senza dubbio la più vincente in patria e la più conosciuta a livello internazionale. Gli appassionati di trasferte improbabili, gli organizzatori dei calendari dell’Europa League e i metalheads più accaniti, per i quali l’unico passatempo ammesso il venerdì sera è abbattere draghi e cercare tesori sepolti dagli antichi re vichinghi, avranno già un certa familiarità con Reykjavik e il quartiere di Vesturbær, dove ha sede lo stadio del KR. Il KR Reykjavik rappresenta il distretto occidentale della città, noto per essere uno dei più costosi e stimolanti dell’isola. A Vesturbær ha infatti sede l’Università di Reykjavik, la più prestigiosa d’Islanda.
Fondato nel lontano 1899, il KR Reykjavik è il club più antico della Nazione, ed è anche quello più titolato. Può infatti vantare nel proprio palmares ben 27 campionati e 14 coppe nazionali. Il primo scudetto arrivò nel 1912, dopo aver vinto il derby contro il Fram Reykjavik. Fino ad allora non vi erano altre squadre sul territorio islandese e risultava quindi impossibile organizzare un torneo. Sempre in quell’anno, il KR adottò i colori sociali bianco e nero, tuttora in vigore, in omaggio ai campioni d’Inghilterra del Newcastle.
Dominatore indiscusso della scena nazionali, nel 1960 il KR si aggiudicò la prima edizione della Coppa d’Islanda. Nel 1964 poi fu la prima squadra islandese a disputare una partita di Coppa dei Campioni, contro i campioni inglesi del Liverpool. I Reds stravinceranno per 5-0 all’andata e per 6-1 al ritorno, per poi arrendersi in semifinale all’Inter di Herrera, vincitrice del torneo.
Sul finire degli anni ’60, a causa dell’emergere di altre realtà sportive sul suolo islandese, il KR visse un periodo di appannamento, terminato all’inizio del nuovo millennio. Durante gli anni ’10 il club è tornato ad avere un certo successo, vincendo per tre volte il campionato e la Coppa nazionale. Gran parte del merito va senza dubbio all’allenatore Rúnar Kristinsson, un tempo centrocampista con il vizio del goal. Il tecnico islandese ha saputo plasmare una squadra solida e pragmatica durante le sei stagioni alla guida del KR e non ha fatto mistero di puntare in alto anche quest’anno. Le concorrenti sono avvisate, il KR Reykjavik ha fame.
Lotta per la supremazia: il Valur
Proprio come il dio Loki nel pantheon norreno, il Valur – il cui nome vuol dire girfalco, nobile rapace tipico delle coste islandesi – rappresenta l’eterno secondo. Che talvolta riesce a spuntarla grazie all’astuzia, la sagacia e la strategia. Si tratta attualmente della seconda squadra più titolata d’Islanda, con 23 scudetti e 11 coppe nazionali in bacheca, alle spalle solo dei concittadini del KR. Anche il Valur, infatti, gioca le partite casalinghe a Reykjavik. Rispetto agli aristocratici rivali, però, il Valur ha sede nel quartiere residenziale di Hlíðar ed è una squadra molto più operaia per appartenenza e tifoseria.
La scorsa stagione si è conclusa con la vittoria del campionato in maniera perentoria. Ben 50 goal segnati e solo 17 subiti in 18 partite, 44 punti raccolti su 54 disponibili. Solitamente il campionato prevede 22 incontri per stagione, tuttavia la competizione è stata prematuramente interrotta a causa dell’esplosione della pandemia. Il 30 ottobre 2020 la federazione calcistica islandese ha decretato la conclusione definitiva del campionato in quanto oltre 2/3 delle gare complessive erano stati disputati.
La compagine allenata da Olafur Johannesson si è dimostrata una macchina da guerra ben oliata, pronta a fare a pezzi qualsiasi ostacolo le si parasse davanti sui campi d’Islanda. La coppia d’attacco formata da Patrick Pedersen e Sigurður Lárusson ha segnato in totale 21 goal, più di ogni altra nella competizione. Hannes Þór Halldórsson, idolo della tifoseria, si è dimostrato ancora una volta un estremo difensore affidabile. Il portierone islandese, salito alla ribalta grazie al rigore parato a Messi durante i Mondiali del 2018, continua anche ad esercitare la professione di regista. Sì, dirige video musicali e pubblicitari ed incarna alla perfezione lo spirito operaio del Valur.
Del resto, come si potrebbe non amare un portiere che può permettersi di parare un rigore ad uno dei mostri sacri del calcio e di girare video per l’Eurovision Song Contest nel tempo libero?
La rinascita della fenice: l’Hafnarfjörðar
Fondata nell’omonima città portuale nel 1929, l’Hafnarfjörðar non vanta una lunga e ricca tradizione di vittorie. Agli inizi del XXI secolo qualcosa però è cambiato e, dopo decenni di anonimato, i discendenti degli antichi pirati vichinghi hanno cominciato una prodigiosa scalata ai vertici del calcio islandese. Se fino al 2000 la città era nota solamente per l’annuale festival vichingo e le suggestive grotte che il folklore vuole ancora abitate da elfi e draghi, con l’avvento del nuovo millennio le cose sono cambiate radicalmente.
Dal 2004 al 2009, infatti, l’Hafnarfjörður si è aggiudicato cinque campionati su sei disponibili, incluso quello vinto miracolosamente all’ultima giornata nel 2008, mantenendosi squadra ostica per tutto il decennio seguente. I bianconeri hanno trionfato nel 2012, 2015 e 2016, piazzandosi secondi nel 2010, 2011, 2013, 2014 e 2020.
A tali trofei bisogna aggiungere anche le Coppe Nazionali conquistate nel 2007 e nel 2010 e le 6 Supercoppe vinte tra il 2005 e il 2013. Trascinata dal bomber scozzese Steven Lennon, capocannoniere della scorsa edizione di Pepsideild con 17 reti in 18 partite, l’Hafnarfjörður ha intenzione di assaporare nuovamente il piacere di alzare un titolo, gioia che manca ormai da quattro anni.
Miseria e nobiltà: il Fram Reykjavik
Sul terzo gradino del podio delle grandi d’Islanda figura una nobile ormai decaduta. Il Fram Reykjavik è una delle società più antiche e vincenti nel paese, con in bacheca 18 scudetti e 8 Coppe nazionali. Nonostante militi da qualche anno nella seconda divisione, continua a fregiarsi del blasone dei suoi anni di gloria. Il periodo di maggior fulgore del Fram risale agli anni ’10 dello scorso secolo. I biancoblù infatti trionfarono in campionato per sei stagioni consecutive tra il 1913 e il 1918. Anche gli anni ’20 furono ricchi di soddisfazioni sportive per il Fram, che si aggiudicò lo scudetto ininterrottamente dal 1921 al 1923 e nel 1925.
Dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale le vittorie si sono rarefatte sempre più e la squadra non è mai riuscita a rivivere i fasti del passato. L’unica eccezione nel trend è rappresentata dalla seconda metà degli anni ’80, con tre scudetti e tre Coppe d’Islanda. Proprio in quel periodo, precisamente nel 1986 il Fram divenne l’unica squadra islandese a superare il primo turno della Coppa delle Coppe, bissando l’impresa nel 1991.
L’ultimo scudetto conquistato risale al 1990. Da lì in poi, più ombre che luci: negli ultimi trenta anni, infatti, l’unico trofeo del Fram è la Coppa d’Islanda nel 2013. Si tratta del canto del cigno, l’ultimo glorioso colpo di coda prima della dolorosa retrocessione in seconda serie nel 2016. La terza squadra d’Islanda non è ancora riuscita a risalire la china: si prospettano altri anni di delusioni prima di poter riassaporare il dolce gusto della vittoria.
Al cuore non si comanda
Lasciatevelo dire: il campionato islandese non è terreno fertile per chi ama vincere facilmente e si bea della conquista seriale di trofei. Proprio come la sua isola, si tratta di una competizione brulla e inospitale, ma ricca di fascino per chi riesce a resistere al gelo penetrante e all’eterna notte invernale.
Un campionato per inguaribili romantici, poeti con un boccale di idromele vicino la penna e vecchi cuori blues. La bellezza è nelle piccole cose, nei paesaggi mozzafiato, negli incredibili giochi di luce disegnati dalle aurore nel cielo di Reykjavik e nei tackles sui campi innevati della Pepsideild. Seguite il vostro cuore, ammainate le vele e lasciatevi guidare nel campionato islandese, di cui non avete bisogno ma del quale non potrete più fare a meno.
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