Siviglia-Inter finisce 3 a 2, in una finale vinta con merito dagli spagnoli, padroni dei dettagli e delle fasce. L’Inter, prevedibile nella manovra, subisce il colpo del k.o. nella maniera più inaspettata.
Julen Lopetegui è tornato, il Siviglia trionfa per la sesta volta in Europa League/Coppa UEFA, la quarta degli ultimi dieci anni. Al mondo, cieco e smemorato, occorrono trofei, altrimenti sei un perfetto signor Nessuno.
Non basta aver insegnato calcio ad una generazione di fenomeni, non basta aver portato la Spagna ai Mondiali del 2018 da imbattuta, contano invece le cadute, l’esperienza negativa in un Real Madrid post Ronaldo difficile da gestire.
Eccola, la coppa, di quelle pesanti.
Idee moderne vs. calcio d’attesa
Una partita vinta con merito, un centrocampo padrone della situazione e dei dettagli, al contrario dei colleghi nerazzurri, lenti, prevedibili, spesso ingabbiati in un gioco di raddoppi di marcatura estenuanti.
Fernando è decisamente in palla, gestisce e recupera da leader nevralgico, Brozovic spesso sparisce dai radar, così l’azione della banda Conte deve partire, prevedibilmente, da Samir Handanovic, il quale si vede spesso accerchiato da un nugolo di avversari in maglia bianca, Bastoni ha un buon piede e non difetta in personalità, Gagliardini gestisce come meglio può, ma deve spesso rincorrere, Barella lotta, costruisce, manda in porta i compagni. Jordan è un gran centrocampista, Banega, con classe e tanta garra, gioca da veterano.
Nella zona centrale del campo, i giocatori del Siviglia creano superiorità, numerica e tecnica, approfittando del fraseggio scolastico e quasi mai incline ad attaccare dell’Inter. Prima mossa decisiva.
Capitolo fasce: Reguilòn a sinistra e Navas a destra, come prevedibile, hanno orientato in maniera decisiva il match, con sovrapposizioni da manuale che hanno costretto D’Ambrosio e Young ad una maggior accortezza difensiva. Altro confronto vinto nettamente, da rivedere l’azione dell’ uno a uno.
Mentre il Siviglia sfonda lateralmente, l’Inter si affida alla ripartenza estemporanea, non avendo un catalizzatore di gioco, un uomo da ultimo tocco: Eriksen è in panchina.
Attaccanti decisivi
De Jong è stato micidiale, Ocampos ha fatto vedere più di un brutto quarto d’ora agli avversari, con folate e colpi di genio da cultore della sfera.
Lukaku, di contro, è stato croce e delizia dei nerazzurri, fondamentale nell’azione dell’iniziale vantaggio, mal supportato da Martinez, a sua volta evanescente, merito della marcatura ferrea di Koundè, salvifico sulla linea di porta sul tocco ravvicinato di Sanchez.
Lukaku, il miglior giocatore della stagione nerazzurra, 34 gol segnati, eguagliato il record di Ronaldo, si dimostra l’ago della bilancia del match: al 64′ si invola verso la porta di Bono, a sua volta decisivo in uscita a respingere il tiro del belga, quando il risultato è fermo sul due a due.
Minuto 73, il Siviglia usufruisce di un corner, la difesa nerazzurra respinge, ma la palla rimane lì, nel cuore dell’area: entra in gioco la Psyco Inter, entra in gioco la rovesciata di Diego Carlos e il tocco istintivo di Lukaku, il pallone in porta.
Il dramma è stato consumato.
Alle volte il calcio sa essere cinico.
Siviglia-Inter, uno scontro tra concezioni e filosofie.
Conte avrebbe potuto attingere maggiormente dalla classe di Eriksen e Sanchez, puntare sugli strappi di uno tra Candreva e Moses, invece ha voluto addormentare e dettare il ritmo come fosse un lento gioco di strategia, ma Lopetegui è stato molto più attento.
L’Inter è una squadra di reazione, ma questa volta è stata imbrigliata.
Il Siviglia, invece, impone il proprio gioco e il suo calcio orizzontale.
La Puerta del cielo se abriò para los Reyes: gli eroi non si dimenticano.
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Fonte foto di copertina: Instagram Sevilla