La difficoltà di non piegarsi alla normalizzazione delle definizioni. Ecco Declan Rice.
Ci sono squadre il cui status viene particolarmente stereotipato, e già soltanto venendo nominate innescano immediatamente nella nostra mente il palesarsi di un’idea relativa ad una particolare caratteristica, che essa sia tecnica, fisica o emozionale. Si creano in questo modo delle connessioni statiche, legate a un sentimento che scaturisce dalle emozioni immagazzinate nella mente di chi conosce le suddette squadre.
Basti pensare alla costanza con la quale vengono correlate squadre come Real Madrid e Manchester United al concetto di classe e vittoria. Contrariamente a quanto tendenzialmente opinato quando si trattano squadre ritenute ruvide e operaie come Atletico Madrid e West Ham.
L’accostamento è sicuramente poco onesto nel confronto tra le due – nettamente a favore dei colchoneros – ma per quanto concerne l’anima e le origini dei Club si trova sicuramente più d’un punto di incontro.
Le associazioni “ideali” poi chiaramente non si fermano al contesto squadra, ma vengono estese anche ai singoli calciatori che ne incarnano – più o meno forzatamente – le presupposte caratteristiche singolarmente. Questo comporta un’amplificazione – positiva o negativa – della vera natura dei protagonisti del campo, bloccati in una cornice che il più delle volte finisce per distogliere l’attenzione e quindi va a diminuire la fruibilità del quadro completo di ciò che si vede in campo.
In alcuni casi virtuosi però, nemmeno la più ingombrante e kitsch delle cornici ha influenza sulla effettiva percezione che risulta dal campo, portata ad un livello così alto da assumere un valore che rompe le rigide linee stereotipiche e riesce ad imporsi a tal punto da – paradossalmente – diventare un nuovo termine di paragone. Così Momo Salah – ad esempio – si toglie l’etichetta di “Messi d’Egitto”. E diventa semplicemente se stesso, mentre decine di talenti (o presunti tali) che usciranno dal nord Africa nei prossimi anni verranno definiti “nuovo Salah”. È un circolo vizioso, che si alimenta grazie alla fretta di dover trovare nuove certezze. In un mondo in cui è sempre più facile veder crollare il proprio sistema di valori, dentro e fuori dal campo.
Declan Rice: sapersi aspettare
Declan Rice la sua certezza la sta costruendo in mezzo al campo. Un luogo dove di giocatori della sua intensità e del suo spessore se ne sono visti a mazzi in Inghilterra. Una delle particolarità di Rice però è che ha sempre oscillato tra la difesa e il centrocampo, soprattutto nelle categorie giovanili. Rice è arrivato ad imporsi in questo reparto realmente solo dopo un periodo di maturazione.
Potrebbe sembrare prematuro parlare di crescita per un ragazzo classe ’99, ma va ben sottolineato che Rice ha già accumulato 122 presenze solamente in Premier League con la maglia degli Hammers.
Già dalle prime partite – giocate da difensore centrale o terzino destro – Rice fa un’ottima impressione agli spettatori del London Stadium. A spiccare sono la sua concretezza e la padronanza della propria zona di campo, unite a uno stile ruvido ma sempre pulito nei contrasti e nei duelli. La sua compostezza nell’impostare il gioco dal basso gli vale presto un avanzamento nella posizione, che passa da difensore propositivo a centrocampista di rottura. Con licenza per qualche scorribanda offensiva improvvisata.
Nella stagione 2018-19 in particolare, con Manuel Pellegrini in panchina, Rice viene promosso a titolare inamovibile. E convince il cileno a modificare il proprio assetto tattico, abbandonando l’idea del doppio playmaker con gli interpreti Noble e Wilshere. La ricerca di un maggiore equilibrio dà i suoi frutti e dopo un pessimo inizio di campionato, the irons trovano la quadratura del cerchio e raggiungeranno il decimo posto a fine stagione. Un campionato senza infamia e senza lode, che però aveva regalato ai tifosi una certezza. Quel giovane difensore irlandese di prospettiva era diventato un ottimo centrocampista… inglese!
Proprio così: Declan Rice è nato a Londra, ma ha origini irlandesi dal ramo paterno della famiglia. Sin dalle rappresentative giovanili, aveva vestito la maglia col trifoglio verde ma proprio durante la stagione della sua ascesa non se l’è più sentita. Inutile dire quanto possa suonare controverso il discorso legato alla nazionalità per – in questo caso – un irlandese di terza generazione nato e cresciuto in Inghilterra. Così, dopo sole 3 presenze con la nazionale maggiore (2 volte su 3 man of the match), Rice diventa ufficialmente un giocatore al servizio di sua maestà Elisabetta II. Ed esordisce il 22 marzo 2019 in un rotondo 5-0 rifilato dai leoni inglesi alla Repubblica Ceca a Wembley.
Diventare un valore assoluto
Nella stagione del suo esordio con la nazionale inglese, Rice si impone come centrocampista di rottura. Le sue statistiche, infatti, lo fanno arrivare a termine di paragone con dei veri mostri sacri del ruolo. Con una media di 4,5 contrasti a terra vinti per partita si posiziona al terzo posto in questa specialità. E stare davanti a top player del calibro di Kanté e Fernandinho (3,5) non è mica poco.
Questo rendimento apportato nella fase difensiva è ulteriormente incrementato la scorsa stagione. Rice – comparato con gli altri mediani di rottura – si è piazzato al secondo posto per palle recuperate, contrasti vinti e intercetti e al primo posto per dribbling effettuati.
Ciò non solo denota l’assoluta capacità e qualità del giocatore nel recupero palla, ma evidenzia anche uno sforzo maggiore nella fase d’impostazione della manovra. Evidentemente conscio delle proprie abilità in fase di non possesso, Declan sta puntando a migliorare le sue abilità palla al piede. Sempre durante la stagione 2019-20 possiamo notare che Rice ha fornito 3 assist ai compagni, specialità nella quale non era mai riuscito. Oltre al semplice dato statistico, possiamo arrivare a dedurre che col tempo ha acquisito molta più fiducia nei suoi passaggi, arrivando a coprire aree più ampie del campo fino a fornire assist ai suoi compagni.
Il 28 dicembre 2019, complice l’assenza di Mark Noble, Declan Rice indossa per la prima volta la fascia di capitano del West Ham nel match contro il Leicester. Con il capitano de facto Noble ormai relegato a un ruolo da gregario, Rice ha ricevuto la fascia in pianta stabile. Ciò nonostante, David Moyes – e lo stesso Rice nelle occasioni in cui si è ritrovato in campo con il 16 degli Hammers – continuano a ribadire che il capitano sia Mark, con Declan a rappresentare il futuro del club.
Da questi dati possiamo notare come la propensione di Declan Rice alla fase di costruzione sia più costante e qualitativamente migliore rispetto alla stagione scorsa. Completa più passaggi per partita, sia nella propria metà campo che in quella avversaria. Appare innaturale invece vedere come dia meno supporto nella fase difensiva, ma questo punto si può collegare al lavoro di reparto della difesa degli Hammers. La scorsa stagione la squadra era molto più fragile e Rice era spesso indicato nelle pagelle come unico baluardo del reparto arretrato a non sfigurare.
Il ritorno di David Moyes ha invece sancito un vero e proprio nuovo West Ham. Anche grazie all’ascesa del compagno di reparto di Rice: Tomáš Souček. Soprattutto però, il tecnico scozzese ha saputo trovare il giusto equilibrio facendo della solidità e dell’efficienza il caposaldo del suo 11 titolare, capace di portarlo al sesto posto in classifica.
Quando si cresce la casa si fa stretta…
L’ascesa di Declan Rice e la sua capacità di trovare sempre una soluzione efficace guardando a ciò che accade intorno a lui trova una spiegazione in poche e semplici parole, ricche di significato: costanza e duro lavoro.
Tornando al paragrafo introduttivo, possono suonare come concetti stereotipati e banali, soprattutto se associati al West Ham United. La retorica precede e copre la verità che cerca di emergere, come sta facendo Declan Rice nel suo tentativo di migliorarsi continuamente, per uscire dallo stereotipo di giocatore aggressivo e ruvido.
Nel frattempo, le sue prestazioni lo avevano portato a un passo dal Chelsea, club che lo scartò dal proprio vivaio dopo i primi passi mossi proprio nell’accademy dei Blues. Rice è rimasto al servizio dei suoi Hammers, con i quali potrebbe puntare a un piazzamento nelle coppe europee prima di salutare la squadra che lo ha adottato e che lo sta vedendo diventare grande, forse fin troppo.
Rice è stato infatti inserito in una top 11 di giocatori europei per valore di mercato che non partecipano alle competizioni UEFA internazionali. In questa speciale formazione (secondo Transfermarkt) è il secondo giocatore per valore economico, dopo il brasiliano Richarlison.
Siamo sicuri, tuttavia, che se chiedeste a qualcuno nei pressi di Stratford, Londra, il prezzo per Declan Rice si limiterebbero a ridere. Questo a testimonianza del fatto che il West Ham a oggi preferisce non guardare troppo al futuro. Dopo Diangana – cresciuto con Rice nel settore giovanile – e Haller potrebbero toccare presto al club nuove e ben più dolorose cessioni.
Meglio non pensarci per il momento. Meglio godersi questa classifica e questo gruppo sorprendentemente funzionale che lotta per un sogno europeo che mai nessuno avrebbe immaginato dopo la disastrosa stagione ’19-’20.
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Fonte copertina: SportsMole.co.uk/ https://www.sportsmole.co.uk/football/man-utd/transfer-talk/news/chelsea-learn-asking-price-for-declan-rice_404725.html