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L’ultimo Liverpool campione

La cavalcata imperiosa del Liverpool di Klopp ha portato la Premier League ad Anfield Road per la prima volta nella sua storia.

Certi amori non finiscono mai

La denominazione attuale risale infatti al 1992, e l’ultimo successo dei Reds è avvenuto nel lontano 1990.
Sono passati ben tre decenni, nei quali l’ambito trofeo si è tenuto lontano dalla Merseyside, sedotto dal carisma di Ferguson e dal rigore scientifico di Wenger prima, dal ciclone Mourinho e dall’era dei grandi investitori russi e arabi dopo.
Per quanto possa sembrare strano, il Liverpool 19 volte campione di Inghilterra non aveva mai vinto una Premier League prima di questa stagione.
Non sono mancati idoli e trofei negli  anni – come dimenticare la Champions League sollevata da capitan Gerrard nella magica notte di Istanbul – ma dopo così tanto tempo la Kop bramava un nuovo titolo nazionale.

Fanno dei giri immensi

Trenta anni sono un’immensità, specialmente nel calcio schizofrenico ed ipercinetico degli ultimi anni.
Da allora, è cambiato tutto: la città, la proprietà, i giocatori, gli allenatori.
Persino i rivali di sempre, con la caduta del SuperLeeds e dell’Aston Villa e l’ascesa di Chelsea e Manchester City.
Ma c’è qualcosa che non è mai cambiato: il supporto incondizionato dei tifosi del Liverpool, il cuore pulsante di Anfield.
Batte il suo tempo strano e lento il forte tamburo del petto della Kop, la magica curva coperta di rosso, il cui canto rinvigorisce gli animi dei beniamini di casa e terrorizza gli avversari, ispirando epiche rimonte ed imprese eroiche.
E una nuova luna di maggio sorge ad illuminare il titolo di campioni, cullato dalle note di You’ll never walk alone.
Ma come era Liverpool all’indomani dell’ultimo titolo? Com’era Liverpool trenta anni fa?

E poi ritornano

Nella stagione 1988/89 il Liverpool aveva dominato il campionato per lunghi tratti, ma aveva perso il titolo all’ultima giornata ai danni dell’Arsenal.
Vittoriosi per 2-0 ad Anfield, i Gunners potevano infatti vantare una migliore differenza reti, determinante per il trofeo.
Le ragioni della sconfitta e del rovinoso crollo delle settimane precedenti furono di natura extra sportiva, legate alle drammatiche conseguenze della tragedia di Hilllsborough.
Durante un incontro di FA Cup contro il Nottingham Forest, disputatosi a metà aprile nell’Hillsborough Stadium, dei disordini sugli spalti e le reazioni delle forze dell’ordine provocarono la morte di 96 tifosi e il conseguente annullamento della partita.
I giocatori del Liverpool non furono in grado di riprendersi emotivamente dalla tragedia, e conclusero il torneo in calando, perdendo il vantaggio accumulato sin lì.
All’inizio della stagione successiva avevano dunque tutto l’interesse per riconquistare la coppa e la loro posizione dominante nel calcio inglese.

La squadra

I Reds cominciarono la stagione puntando su fondamenta salde, ben rodate nel tempo, a partire dalla panchina.
Come coach venne confermato lo storico Kenny Dalglish, il cui scintillante passato con la casacca rossa infiammava i cuori dei tifosi e inorgogliva i giocatori stessi.
Lo stravagante Grobbelaar, portiere sudafricano con un passato da militare in Rhodesia, aveva già difeso con successo la porta del Liverpool per otto stagioni.
Le sue parate erano state determinanti per la conquista di sei titoli e di una Coppa dei Campioni sotto il cielo stellato di Roma, e lo sarebbero state per altri quattro anni ancora.
La difesa, che poteva contare sullo scozzese Alan Hansen alla sua ultima stagione da professionista, venne arricchita con l’arrivo dello svedese Glen Hysén dalla Fiorentina.
A completare il reparto, il giovane David Burrows, prelevato la stagione precedente dal West Bromwich Albion, e il ventiquattrenne Barry Venison.
Il duo formato da Steve McMahon e Ronnie Whelan dava equilibrio alla mediana, e lasciava liberi gli esterni.
A destra Steve Nicol dava profondità, a sinistra John Barnes si lanciava in profondità provando a spezzare gli schieramenti avversari.
Le sue 22 reti, a fine stagione, gli varranno il secondo posto in classifica marcatori, dietro soltanto all’eterno Gary Lineker.
Peter Beardsely e la leggenda Ian Rush completavano la squadra, segnando goal a ripetizione.

La stagione

L’inizio della stagione fu soddisfacente, caratterizzato da un gioco arioso e votato all’attacco.
Sospinti da un pubblico avvezzo alle vittorie e notoriamente buongustaio, i Reds imperversarono sui campi avversari come uragani sin dalla prima giornata.
Dopo un avvio arrembante, che culminò con una schiacciante vittoria per 9-0 ai danni del Crystal Palace, il Liverpool subì una leggera flessione.

Una sconfitta contro il Southampton inaugurò una serie di prestazioni sottotono che permisero arsenale e ad un sorprendente Aston Villa di riavvicinarsi alla vetta.
Il sorpasso arrivò a marzo, con il Liverpool fermato dal Tottenham, ma ebbe breve durata.
Da lì i ragazzi di Kenny Dalglish non si fermarono più, ed effettuarono presto il contro-sorpasso battendo il Southampton grazie ad un guizzo all’ultimo secondo dell’immortale Ian Rush, mentre i Villains cadevano sotto i colpi del Manchester City.

If we had known

Al fischio finale, con i Reds già campioni, la folla si scatenò e i festeggiamenti per le strade di Liverpool andarono avanti per giorni.
Birra e champagne scorrevano nello spogliatoio e Kenny Dalglish, manager burbero e inflessibile, venne portato in trionfo dai suoi e poi lanciato completamente vestito in una vasca da bagno durante le celebrazioni.
Poi, svanita l’euforia iniziale, club e giocatori iniziarono a pianificare la stagione seguente, ignorando che avrebbero assistito ad un imprevisto declino.
L’attaccante israeliano Ronnie Rosenthal, arrivato a Liverpool in prestito dallo Standard Liegi, commentò successivamente: “Se avessi saputo che si trattava dell’ultimo successo in trenta anni, forse avrei festeggiato di più.”
Ma ciò che più conta è che finalmente, dopo trent’anni di attesa, i Reds sono di nuovo campioni, e di nuovo You’ll never walk alone risuona in tutte le strade di Liverpool.


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Di Andrea Margutti

Aspirante scrittore, fotografo, musicista e scacchista. Piedi storti e braccia larghe in marcatura. Non si aspetta molto dalla vita, ma se potesse riavere Recoba in rosa sarebbe contento.

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