Le notizie sulla possibile retrocessione in Ligue 2 dell’Olympique Lyonnais mette in luce nuovamente la questione della solidità finanziaria delle società di calcio, francesi e non.
Il 2024 continua a rivelarsi un anno particolarmente complicato e traumatico per il sistema calcistico francese. Nella giornata di ieri infatti, la Direction Nationale du Contrôle de Gestion, la commissione adibita alla supervisione e al controllo della salute economica e finanziaria delle squadre della Ligue de Football Professionnel, ha confermato la provvisoria retrocessione dell’Olympique Lyonnais in Ligue 2, oltre al blocco del mercato e e ad un controllo rigido sul monte ingaggi della rosa e dello staff. Retrocessione che diverrà negativa qualora il club transalpino non riesca a rientrare dal debito accumulato fino ad ora. Un’impresa alquanto complessa, dato che, stando a quanto riporta L’Équipe, ammonta a oltre 505 milioni di euro.
Cosa è successo all’Olympique Lyonnais?
L’Olympique Lyonnais è stato acquistato nel 2022 dall’imprenditore statunitense John Textor, presidente della holding company Eagle Football Group, proprietaria di Botafogo (Brasile) e RWB Molenbeek (Belgio), nonché del 45% delle quote del Crystal Palace in Regno Unito. Textor si è scagliato a più riprese contro le politiche economiche implementate negli ultimi anni dalla UEFA. Nel Business of Football Summit, organizzato dal Financial Times nello scorso aprile (evento a cui hanno partecipato, tra gli altri, Aurelio de Laurentiis, Javier Tebas e Gerry Cardinale), si è scagliato direttamente contro il massimo organismo calcistico europeo. Ha attaccato il Fair Play Finanziario (definito una vera “frode”) e ha asserito che i club minori, seppur gestiti da proprietà facoltose, sono impossibilitati a investire maggiormente e, di conseguenza, a diminuire il gap con le squadre più forti. Un velato riferimento alla situazione che sta sperimentando in Inghilterra con i rossoblù di Londra, del resto.
Textor aveva discusso soli pochi giorni fa con il DNCG sulla situazione finanziaria dell’OL. Davanti ai giornalisti ha lasciato trasparire anche una certa sicurezza sull’esito positivo dell’incontro. Motivo per cui l’improvvisa notizia ha scosso il mondo del calcio francese come un fulmine a ciel sereno.
Eppure i segnali non sembravano affatto positivi già da un pezzo. L’ultimo report ufficiale dell’ente di controllo francese, difatti, ha evidenziato come al 30 giugno 2023 il Lione avesse registrato un utile netto negativo annuale pari a quasi 99 milioni di euro: il secondo dato peggiore della Ligue 1, dietro al solo PSG (che ha sforato quota 100 milioni di euro) e quasi raddoppiato rispetto alla stagione precedente. Il bilancio pubblicato dall’Eagle Football Group dello scorso 6 novembre relativo all’anno finanziario 2023/24, invece, per quanto mostri segnali già più incoraggianti, si è comunque chiuso in perdita di circa 25 milioni di euro. Per quanto si parli di cessioni sostanziose nella sessione invernale di giocatori sia del Lione sia del Botafogo, lo spettro della retrocessione per l’Olympique si concretizza sempre di più.
Meritano un breve approfondimento sulle principali voci che certificano la gravità dei problemi finanziari della squadra, sulla base dei report della DNCG. Il confronto tra le relazioni annuali del triennio 2021-2023 sottolinea, a tal proposito, come nel periodo preso in esame siano continuati a crescere i costi per l’acquisto dei calciatori (da 22 a 60 milioni di euro) e per lo staff, lievitato da 99 a 156.7 milioni di euro.
Un aumento di uscite vertiginoso che ha cancellato i progressi realizzati con il player trading e le varie attività condotte dal club fuori dal campo. Da menzionare anche la scriteriata gestione di alcuni giocatori ancora presenti nel club. Emblematico è il caso di Anthony Lopes, portiere che ha trascorso a Lione tutta la sua carriera. L’ultima sua convocazione risale ad agosto, ma continua a percepire uno stipendio annuale di 4.2 milioni di euro.
Né il primo, né l’ultimo
Il caso dell’OL non è stato il primo di quest’annata travagliata. La Francia ha già avuto a che fare quest’anno con la traumatica vicenda del Bordeaux. Lo storico club girondino, difatti, alla luce di una situazione economica disastrosa, è dovuto ripartire dal Championnat National 2, ovvero la quarta serie francese. Ancora peggio è andata all’AS Nancy Lorraine, finito per la prima volta in quasi 60 anni di storia in quarta serie, o al Niort, escluso dalla terza divisione per problemi finanziari dal DNCG ad agosto e retrocesso d’ufficio in Régional 1 (sesta serie). Si può citare anche il caso di un’altra squadra storica, il Sochaux, che ha chiuso al 9° posto la Ligue 2 nel 2023, ma è stato comunque relegato nella divisione inferiore per problemi amministrativi e finanziari.
È possibile che, in realtà, non sia neanche l’ultimo in questa stagione. Un’inchiesta de L’Équipe ha rivelato, infatti, che almeno 8 club francesi sono a rischio bancarotta: si parla di società storiche come Auxerre e Lens, ma anche di realtà che hanno partecipato alle coppe europee ultimamente come Brest, Nantes e Reims, oltre alle più piccole Angers, Le Havre e Montpellier.
Ma più in generale, come rivela Football Benchmark, in realtà nell’ultimo triennio le squadre della Ligue 1 hanno registrato oltre 1.3 miliardi di euro di perdite, oltre metà delle quali (il 54% per la precisione) ascrivibili al PSG. In generale, la stragrande maggioranza dei principali club del paese (OM, Nice, Stade Rennais e, appunto, Olympique Lyonnais) ha registrato perdite importanti, con la sola eccezione del LOSC Lille (la cui situazione economica negli anni precedenti ha comunque rasentato il baratro). Non si vede ancora, peraltro, la fine prossima di una così corposa emorragia.
La questione più pressante del prossimo futuro
Una crisi tragica che ha mostrato i suoi prodromi già nelle passate stagioni, ma che si è acuita esponenzialmente quest’estate a causa della questione diritti TV. Terminato l’accordo da 800 milioni di euro in tre anni stretto con Mediapro, la LFP aveva puntato a raggiungerne uno nuovo dal valore di un miliardo di euro con Canal+ e l’emittente televisiva qatariota BeIN Sports. Le trattative, però, si sono interrotte bruscamente. Con il rischio di avviare la stagione senza aver ancora trovato un possibile acquirente, alla fine la lega francese si è accordata con DAZN per circa 500 milioni di euro.
Una situazione che ha indebolito fortemente le squadre francesi e che potrebbe presentarsi anche altrove in Europa. Non si può guardare al caso italiano. Italia e Francia, difatti, si trovano in situazioni quasi speculari. L’Italia affronterà a breve lo stesso bivio cruciale percorso dai francesi per il rinnovo dei diritti TV, in un periodo durante il quale la Lega Calcio ha mostrato forti difficoltà nel trovare possibili acquirenti per la trasmissione televisiva in mercati importanti, tra cui, guarda caso, proprio la Francia. In più, le due nazioni condividono la mancanza di una regolamentazione simile al Fair Play Finanziario inglese o spagnolo che impedisca alle società di generare situazioni pericolose a livello finanziario.
Infine, entrambi i sistemi calcistici vivono difficoltà strutturali che non sono state affrontate adeguatamente e le squadre appaiono sempre più vulnerabili e dipendenti da vicende extra-calcistiche. Nell’articolo intitolato Sudden death: How French football clubs fail Yann Carin e Mickael Terrien hanno asserito che tra il 1975 e il 2018 in Francia siano fallite 81 società calcistiche. Il trend è probabilmente destinato ad aumentare, dal momento che la Francia è il primo paese europeo (perlomeno entro i Top 5) che ha esperito l’esplosione della bolla dei diritti TV, i quali costituiscono oramai una, se non la principale fonte d’introiti per qualsiasi club d’alto livello.
Risulta fondamentale, allora, seguire quanto accade oltralpe per poter redigere una strategia adeguata nel nostro paese, dove 180 squadre sono fallite tra il 2000 e il 2024. Ma anche nel resto del continente, compresi i due paesi dove la bolla dei diritti TV non sembra ancora in procinto di scoppiare. Da un lato la Spagna, dove sono falliti comunque 22 club negli ultimi vent’anni e dove montano ancora i casi importanti di Deportivo La Coruña, Racing Santander, ma soprattutto Valencia e Barcelona. Dall’altro l’Inghilterra, dove oltre la metà dei club professionistici ha dichiarato di avere difficoltà in ambito economico e dove si sono generati negli ultimi anni i complicati casi di Bolton, Wigan, Wrexham, Derby County e, per ultimo, Everton.
La crisi dell’Olympique Lyonnais è di tutti
Le vicende dell’Olympique Lyonnais e la sua eventuale retrocessione in Ligue 2 celano interrogativi rischiosi che, però, né il calcio europeo, né tantomeno quello francese, sembrano pronti ad affrontare. Il possibile crollo di un colosso nazionale rappresenta un sintomo di una malattia sistemica oppure l’inizio effettivo della crisi del sistema-calcio per come lo si conosce attualmente oltralpe e, perché no, anche nel resto del continente?
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