Categorie
Spagna

Chi è stato giocatore e allenatore del Barcelona?

Non basterebbe un solo articolo per raccontare la meravigliosa storia del Barcelona. È fatta di passione, magia e romanticismo, ma soprattutto è caratterizzata da un forte legame con la propria terra: la Catalunya. I blaugrana hanno spesso attraversato momenti difficili, ma son sempre rinati e si son reinventati grazie alla Masía, il proprio settore giovanile. Questi talenti hanno contribuito, di volta in volta, a scrivere pagine di quella storia favolosa, e la loro fortuna è giusto collegarla anche agli uomini che sedevano sulla panchina. Tanti allenatori del Barcelona prima di dirigere la squadra hanno anche vestito la maglia blaugrana sul rettangolo verde e c’è chi è riuscito ad avere successo in entrambe le vesti o chi solamente in una. Non basta un articolo per raccontare la storia del Barça, ma possiamo descrivere parte di essa narrando sei ere differenti con diversi protagonisti.

In ordine cronologico uno degli allenatori-giocatori a cui la tifoseria blaugrana è più affezionata è proprio lui: László Kubala, calciatore ungherese di origine slovacca, ma che poi la Spagna ha adottato per motivi politici. Ha vestito la maglia del Barça dal 1951 al 1961 e dal 1961 al 1963 ha intrapreso il ruolo di allenatore. La tifoseria catalana ancora oggi lo reputa uno dei giocatori più forti di tutti i tempi e lo venera come se fosse una divinità, tanto che fuori dal Camp Nou c’è una sua statua. Fugge dall’Ungheria nel 1949, ma il regime comunista non approva questa sua decisione e si serve della Federazione calcistica per squalificarlo a vita insieme alle accuse di espatrio clandestino e di essersi sottratto al servizio di leva.

Della situazione ne approfitta Pepe Samiter, all’epoca manager dei blaugrana, che gli riesce a procurare la cittadinanza spagnola e lo mette sotto contratto. Con il Barcelona vince da giocatore 4 campionati spagnoli, 5 Coppe del Re, 2 Coppe Eva Duarte (una sorta di predecessore della Supercoppa Spagnola), 1 Coppa Latina e 2 Coppe delle Fiere, mentre da allenatore alza al cielo altre 2 Coppe di Spagna. Nel 1952 in una partita contro lo Sporting Gijón segna 7 reti e detiene ancora adesso (insieme a Bata, ex attaccante dell’Athletic Bilbao) il record per gol segnati in una singola partita.

Ci avviciniamo sempre di più ai giorni nostri citando uno dei giocatori più forti e completi della storia: colui che all’anagrafe era conosciuto come Hendrik Johannes Cruijff. È impossibile descriverlo in poche parole, dunque dovremo fare del nostro meglio. Insieme all’allenatore Rinus Michels (che lo allenò all’Ajax, nell’Olanda e al Barcelona) fu il più grande esponente del calcio totale, l’ideologia che rivoluzionò lo sport che amiamo. Possiamo riassumerlo come un sistema di gioco fluido, nel quale nessun calciatore ha un ruolo fisso e giocano un ruolo di grande importanza i concetti di pressing e spazio. Da giocatore, ma ancora di più forse da allenatore, Cruijff rivoluzionò il calcio lasciando un ricordo dolcissimo nel cuore di tutti i tifosi blaugrana.

Nel 1973 rifiuta il trasferimento al Real Madrid in virtù della promessa fatta tre anni prima al presidente del Barcelona Augustí Montal e, dopo qualche problema legato alla definizione del contratto, nell’ottobre dello stesso anno riesce finalmente a debuttare con i blaugrana. Seguono cinque anni meravigliosi in cui vince un campionato ed una Coppa del Re, oltre che il Pallone d’Oro a livello individuale. Il Barcelona rimane centrale nella sua carriera e ci ritorna come allenatore dal 1988 al 1996 riuscendo a donare al popolo catalano la prima Champions League della loro storia a Wembley nel 1992 contro la Sampdoria. Chi segnò il gol decisivo? Ronald Koeman. Chi vestiva la 10? Un giocatore di cui parleremo tra poco: tale Josep Guardiola.

Anche, e soprattutto, per Pep, vale il discorso fatto poco fa con Cruijff: è impossibile descrivere il modo in cui ha rivoluzionato il calcio con poche battute. Oltre che da calciatore ha lasciato ancora di più il segno come allenatore: possesso palla di qualità, tanti passaggi per vie orizzontali, riaggressione immediata una volta persa palla e possesso di posizione. Pep è stato il primo ad aver sdoganato il cosiddetto tiki taka. Subentra a Frank Rijkaard nel maggio del 2008 e nella sua prima stagione completa da allenatore riesce nell’impresa di realizzare il Triplete vincendo la Liga, la Coppa del Re in finale contro l’Athletic Bilbao ed infine anche la Champions League nell’atto conclusivo disputato a Roma contro il Manchester United grazie alle reti di Samuel Eto’o e Lionel Messi (iconico il gol di testa dove bacia la scarpa nell’esultanza).

Pochi mesi dopo quel triplete diventa addirittura Sextete grazie ai trionfi nella Supercoppa Spagnola, nel Mondiale per Club e nella Supercoppa Europea. Quel Barcelona è una delle squadre più forti nella storia del calcio, è l’apice della bellezza, è la squadra in cui si consacrano definitivamente leggende come Xavi, Iniesta o Sergio Busquets, ma soprattutto è dove nasce il mito di Lionel Messi. Prima di lasciare la Catalogna Pep regala un’altra Champions League al Barcelona trionfando a Wembley nel 2011 sempre contro il Manchester United con le reti del Dio argentino, di David Villa e Pedro.

Nel 1996 lascia i rivali di sempre del Real Madrid per accasarsi al Barcelona e probabilmente basta già questo per entrare nel cuore dei tifosi blaugrana. La scintilla scoppia poi nella stagione 2014-2015 quando eredita il Barcelona della magica MSN e conquista il Triplete sconfiggendo la Juventus di Allegri nella finale di Berlino per 3-1 grazie alle reti di Rakitic, Suarez e Neymar. Il ricordo più bello e più entusiasmante che rimarrà nel cuore del tifoso blaugrana, ancora più della vittoria della Champions League, arriva nel marzo del 2017.

Il Barcelona si appresta a fronteggiare nel ritorno degli ottavi di finale della massima competizione europea il Paris Saint-Germain dopo aver perso con un netto 4-0 all’andata. I blaugrana al Camp Nou stanno conducendo per 3-0, ma al 62’ Cavani gela lo stadio con un destro che batte ter Stegen. Sembra tutto finito, il sogno della remuntada svanito, ma poi Neymar con un calcio di punizione ed un tiro dagli undici metri porta il Barça sul 5-1. Al 95’ lo stesso brasiliano serve dolcemente in area Sergi Roberto che in spaccata supera Trapp e firma una delle rimonte più belle e folli di sempre.

Nel post Luis Enrique ci accingiamo ad entrare in un’era del Barcelona buia e spenta, segnata dalla folle gestione targata Josep Bartomeu. I blaugrana sembrano aver perso la fiducia nella Masía e spendono cifre elevatissime per giocatori che poi non rendono secondo le aspettative: i quasi 400 milioni per Dembele, Coutinho e Griezmann racchiudono al meglio il significato di questa tesi. Koeman, l’eroe di Wembley nel 1992, siede sulla panchina del Barcelona nella stagione del 2020, ma dopo poco più di un anno viene sollevato dall’incarico. L’olandese prova anche a cambiare modulo passando alla difesa a tre, ma la scintilla con l’ambiente non scatta mai e con il contemporaneo ritorno alla presidenza di Joan Laporta viene presa una scelta che potrebbe segnare dolcemente il futuro prossimo del Barcelona.

Il Barça si trova davanti ad un bivio e senza Lionel Messi è costretto a dover ripartire da zero costruendo nuove convinzioni ed una nuova storia. Laporta decide di esonerare Koeman ed al suo posto ingaggia Xavi, pedina fondamentale dello scacchiere di Pep Guardiola e figura amata dai tifosi che conosce benissimo l’ambiente. Con lui in panchina il Barcelona non torna ai risultati del 2009 o del 2011, ma ritorna la filosofia blaugrana. Si riniziano a vedere finalmente i giovani della Cantera, i prodotti più talentuosi e brillanti della Masía. Con lui in panchina il Barcelona torna a vincere il campionato quattro stagioni dopo l’ultima volta, ma è importante l’eredità che ha lasciato.

Oggi il Barcelona di Flick può contare su una vastità di talento impressionante, ma gran parte del merito è anche di Xavi, colui che ha lanciato per la prima volta titolari i vari Gavi, Baldé, Fermín, Cubarsí o il giovane talento più clamoroso di tutta Europa: Lamine Yamal. Il ritorno di Xavi ha segnato quello che è anche un ritorno alle origini, un nuovo modo di tornare alla propria filosofia. D’altronde Hansi Flick è stato l’unico tecnico oltre a Guardiola ad aver vinto il Sextete, e questo pare proprio un segno del destino. Non avrà vestito da giocatore la maglia del Barça, ma ha tutte le carte in regola per farsi amare dai propri tifosi, proprio come gran parte dei suoi predecessori.


Il meglio del calcio internazionale su Sottoporta: Le principali squadre di calcio che non esistono più

Di Edoardo Viglione

Nato nel nuovo millennio in provincia di Torino. Appassionato di sport, romanticismo, scrittura e di tutto ciò che è argentino. Juventino con ogni fibra del proprio corpo, ha un’adorazione sfrenata per La Masia e per i mancini di Lionel e Lamine oltre che per la Madrid dei Colchoneros.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *