Carlo Pizzigoni, coautore di Storie Mondiali, insieme a Federico Buffa e autore di Locos por el Futbol, fondamentale innovatore del racconto sportivo italiano per un’altra super intervista targata Sottoporta.
Carlo Pizzigoni è attualmente considerato da molti la miglior penna prestata al racconto calcistico, lavori come Locos por el Futbol e Storie Mondiali hanno rappresentato un punto di svolta e di stimolo nel settore. Senza di lui, i racconti di Federico Buffa non sarebbero stati gli stessi.
Esiste una spiegazione che colleghi l’anima capitolina e giallorossa di Daniele De Rossi con la scelta del Boca Juniors?
Credo che sia per l’intensità e la passione che De Rossi ha per la Roma, per il Boca e per il calcio perchè Daniele è un grande appassionato: lui quando gioca tifa e credo sia andato al Boca perchè così facendo ha trovato, in Argentina, il tipo si sensazione che lo riempisse. Dice di aver ricevuto più di quanto abbia dato e quando vede la Bombonera, Daniele si emoziona e questo certifica questa condizione. Mi ha raccontato che, dopo pochi giorni, il Paese già gli piaceva, soprattutto per il modo di “respirare” calcio. È molto bello che la sua carriera si sia chiusa in un tempio come el Gigante de Arroyito, a Rosario. Mi è sembrata una cosa giusta: gli dei del calcio gli hanno consegnato un degno palcoscenico finale.
Bielsa è giustamente considerato un maestro, ma molti non hanno ancora capito perchè.
Dal punto di vista calcistico, non c’è miglior comunicatore di Bielsa. Il suo stile di fùtbol è spregiudicato, inoltre sa riconoscere, come suo limite, il fatto di non accettare compromessi e in questa ammissione è onesto. La caratteristica più importante del Loco è legata ai valori che trasmette: il calcio, come tutto lo sport, deve trasmettere valori e Bielsa è davvero un profeta.
Una sua frase che mi piace molto è questa: “Non importa tanto la vittoria o la sconfitta, ma la nobiltà, la nobleza, dei mezzi utilizzati”. Questo qualificare la qualità di un percorso supera e porta con sè il calcio. Un aneddoto bellissimo è legato ad una conferenza stampa, ai tempi dell’Athletic Bilbao, in cui dice che, nel suo quartiere, una famiglia aveva comprato, con tanti sacrifici, una Seat, mentre un’altra, nello stesso tempo, aveva vinto alla Lotteria e si era potuta permettere una Mercedes.
Bielsa non vuole criticare la famiglia fortunata, vuole valutare il merito, i sacrifici.
Tornando alla nobleza, è un concetto che campeggia spesso alle partite del Newell’s, il cui stadio è dedicato proprio a Bielsa, ma non perchè abbia vinto di più: il suo messaggio, come detto, qualifica un certo tipo di promozione del calcio.
Possiede un’innata dote di comunicatore, arriva direttamente al cuore dei tifosi, tanto da essere idolatrato praticamente ovunque sia stato e senza essere ruffiano. Bielsa sottolinea il fatto che l’incha è l’unica parte indispensabile di questo gioco perchè accompagna d’ovunque la sua squadra con un amore nobile e gratuito. Gli allenatori, i giocatori passano, ma i tifosi rimangono e sono fondamentali se vuoi vivere il calcio.
È amato a Bilbao e a Marsiglia, addirittura in Cile anche più di chi ha vinto: a Santiago è un’assoluta divinità, lui, che ha creato lo stile della Roja degli ultimi anni. Sampaoli e Pizzi hanno portato a casa i titoli, ma el Loco è il più amato per il semplice motivo che il pubblico non vuole solo la vittoria: certo, vuole vincere, ma è con personaggi come Bielsa che i tifosi legano la propria anima.
Ci dia un suo parere sul Borussia Dortmund.
Mi piacciono molto le società con un’identità ben definita, dove si vedono idee.
Il Borussia è ricco di giocatori interessanti, presi con un’idea di fondo, mai a caso e l’acquisto di Jude Bellingham è sopraffino, un giovane di qualità.
Hanno messo insieme una squadra bella da vedere, competitiva ad alto livello, ha un tifo impressionante e un legame molto importante con il proprio territorio, particolare fondamentale perchè il calcio, senza di esso, non è niente.
Ti affezioni a realtà che presentano questo genere di percorso.
Perchè Romario viene spesso sottovalutato per quanto fatto in carriera?
Non credo si possa parlare di un Romario sottovalutato. È un giocatore adorato a Rio e in Brasile, stimato un po’ ovunque. Se una mente illuminata come Cruijff, volle Romario nel suo Dream Team, un motivo ci sarà e mi fido del parere di Johan. Dentro il campo era poesia pura, in area di rigore non è esistito un altro come lui.
Una volta ero a Rio, lui giocava nel Fluminense, nel vecchio Maracana e mi ricordo che uscì dopo neanche dieci minuti. Finisce la partita, un giornalista gli dice: “La verità è che l’altro giorno hai giocato tutto il tempo a foot-volley e hai saltato l’allenamento.” Lui risponde: “L’allenamento è per chi non è capace, io sono bravissimo, quindi a cosa mi serve?”
Perchè Carlo Pizzigoni ama il Sud America?
In amore non esiste nulla di razionale.
A me piace molto il legame che hanno le squadre con il proprio territorio, l’arte di saper raccontare il calcio, che nasce sul Rio de la Plata: il linguaggio che viene utilizzato lì, non esiste da nessun altra parte, certamente si è sviluppato qualcosa di molto interessante anche in Brasile: quando si proclama la fede per una squadra, si risponde eu sou Vasco, io sono il Vasco. È una frase pronunciata con affetto perché il calcio fa parte dell’essenza degli individui. A Buenos Aires, le persone partecipano alla vita del club. In ogni zona si respira, si vive la propria squadra.
Francescoli ha rappresentato una guida spirituale e artistica per Zidane?
Come per tutti, Zidane si è appassionato ad un giocatore ed Enzo Francescoli era sublime, adesso è anche un ottimo dirigente del River. Non è una scelta scontata, è vero che era un idolo a Marsiglia e Zizou era tifoso dell’OM, però questo dice molto di lui perchè non si è trattato di una scelta ordinaria e Zidane, in campo, non ha mai preso scelte ordinarie e questa è stata la sua grandezza.
Dal punto di vista calcistico, per me Zizou è l’idolo massimo: sono stato alla Castellane, dove lui è cresciuto, ho visto i vicoli dove ha giocato quel calcio di strada che lui poi ha portato in campo, insieme allo spirito di quel football e per me è molto bello. Si torna sempre lì, insomma.
Quanto è stato importante Rafa Marquez per il Barcellona?
È stato un giocatore importante, non un pezzo chiave, comunque ha dato un grosso contributo al Barça, con il suo gioco palla a terra dalle retrovie. Lo faceva già all’Atlas, a Guadalajara, dove adesso è il presidente e simbolo del club. Ovviamente lo ha fatto con Ricardo La Volpe nel Messico. Un giocatore da Barça, vero erede del ruolo di Koeman.
Un calciatore diverso e questa diversità, data da un ragazzo che viene dal Messico, proprio perché il calcio è un fattore globale, ce lo fa amare ancora di più.
Quali sono le partite più significative ed emozionanti che abbia mai visto dal vivo?
Ce n’è stata una molto particolare, in uno stadio con tanto di tribuna di legno, a Monastir, in Tunisia, per la Coppa d’Africa 2004, Jay-Jay Okocha contro Eto’o, Nigeria-Camerun: partita leggendaria con due fenomeni in campo.
Brasile 2014, un viaggio lungo un sogno: a Carlo Pizzigoni, cosa è rimasto dentro?
Per me è stato il Mondiale più bello di sempre e viverlo in Brasile, con colleghi di lavoro diventati praticamente fratelli, come Federico Buffa e Lele Adani, è stata una sensazione unica. Un mese e mezzo, in un Mondiale, è forse la cosa più bella che ci sia.
Ho assistito ad un bellissimo Argentina-Svizzera, a San Paolo, con una rete di Angel Di Maria che ricorderò per sempre, causa il mio legame con lui: l’ho conosciuto nel 2007 ai Mondiali Under-20, non era molto famoso ed io ero l’unico giornalista a parlargli e quindi vederlo segnare un gol così importante è stato emozionante.
Vidi la partita insieme ad alcuni giornalisti svizzeri e quando Dzemaili sbagliò una rete clamorosa, alla fine, una di loro quasi stramazzò al suolo.
Il Mondiale regala emozioni uniche.
Intervista a cura di Luigi Della Penna. Si prega gentilmente di citare Sottoporta in ogni riproduzione su altre parti.
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Fonte foto di copertina: pagina Facebook di Carlo Pizzigoni.