Erfahrung in tedesco significa esperienza e deriva dall’antico “irfaran” cioè viaggiare. Forse questa è la chiave di lettura di questa storia, il movimento come fattore di crescita, professionale e personale. La nostra intervista a Godberg Cooper.
Italia, Portogallo, Svizzera, Albania, Macedonia ed ora Romania. No, non si tratta di un girone di qualificazione per un qualche torneo di nazionali, ma della avventurosa e intrigante carriera di Godberg Cooper.
Classe 97, nativo di Bergamo ma di famiglia ghanese, Cooper ha una storia di calcio unica, per varietà di esperienze e per volontà fortissima di riuscire ad imporsi come atleta professionista.
Un percorso singolare il suo, forse necessario per giungere ad una maturazione tecnica, fisica e personale tale per ambire a grandi traguardi. 191 centimetri, fisico imponente e stazza da corazziere, oggi Cooper milita nel Chindia Tergoviste, Superliga romena, dove nelle ultime settimane ha fatto la voce grossa sotto rete, spingendo i suoi ad una comoda posizione di metà classifica.
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Chi è Godberg Cooper?
Qui a Sottoporta siamo dei galantuomini, per cui iniziamo con le presentazioni
“Mi chiamo Godberg Barry Cooper, anche se il secondo nome quasi non lo utilizzo. I miei genitori, sono originari del Ghana, sono arrivati in Italia attirati dalle migliori prospettive economiche assieme a mia sorella maggiore. Io invece sono nato in Italia, a Bergamo, il 20 agosto 1997. Qui sono nato e cresciuto, anche se sento ben presente la mia parte ghanese.”
Chi è Godberg fuori dal campo?
“Un ragazzo tranquillo che ama molto ascoltare musica jazz e blues per rilassarsi. Amo certamente la moda, mi piace creare uno stile personale. Come passatempi gioco spesso alla PlayStation, ma mi piace anche rilassarmi con un film o serie Tv. Mi piacciono l’NBA, l’NFL e la pallavolo.”
Le radici. Che importanza hanno per te?
“Grande importanza. Purtroppo non ho vissuto tantissimo il Ghana in prima persona, pur essendoci stato due volte, ma in tenera età (1998-2004) e di conseguenza non ne ricordo molto. Tuttavia – continua Cooper – ho contatti quotidiani con la mia famiglia allargata, zii e cugini che vivono ancora là. Spero di riuscire a viaggiare quest’anno.”
Italia e Ghana. Come vivi questa tua duplice ricchezza culturale?
“Il sangue che scorre nelle mie vene è ghanese quindi è normale che sia attaccato alla mie radici. Infatti anche calcisticamente parlando ho sempre scelto la nazionale del Ghana. Ho avuto la fortuna di essere stato chiamato un paio di volte, ero anche nella lista per la Coppa del Mondo, ma purtroppo poi il mister ha fatto altre scelte. Tuttavia sono soddisfatto e stimolato dal loro interesse, che mi sta spingendo a crescere, sperando di esordire con il Ghana quanto prima, anche se il sogno sarebbe stato esordire in un Mondiale. Speriamo si realizzi in una delle prossime competizioni.”
Da Bergamo all’Europa, inizia l’avventura di Cooper.
Quando ha iniziato a rotolare il pallone per te?
“Ho iniziato a giocare a calcio molto presto, a tre anni. È stata una passione trasmessa da mio padre, ex calciatore nella Serie A ghanese. La mia prima società è stata Scuola Calcio di Albano Sant’Alessandro, vicino dove vivevo. Da qui è iniziata la mia esperienza all’Atalanta, dove ho fatto la trafila delle giovanili fino ai Giovanissimi, per poi tornare in nerazzurro in Primavera. Successivamente è iniziato il mio andare per la provincia bergamasca.”
Quali sono gli idoli passati e presenti di Godberg Cooper?
“Il mio idolo indiscusso è Cristiano Ronaldo, per impegno, determinazione e dedizione al lavoro. Come riferimento tecnico senza dubbio Balotelli, Zapata, Lukaku e Drogba, per similitudini strutturali e fisiche. Ho avuto modo di conoscere Balotelli, tecnicamente mi piace molto, anche se è bresciano.”
Zingonia e l’Atalanta. Un esperienza dolce amara o no?
“In effetti si. Volendo essere onesto all’epoca dei Giovanissimi avevo avuto dei problemi comportamentali che hanno causato la mia uscita dal settore giovanile bergamasco. Purtroppo in età acerba si possono commettere delle sciocchezze. Con il senno di poi avrei potuto gestire le cose in maniera diversa, tuttavia forse le cose dovevano andare così, per crescere e per arrivare dove sono ora. Inoltre giustamente l’Atalanta ha standard di comportamento elevatissimi, non a caso parliamo di una delle accademie migliori d’Europa.
In seguito mi hanno richiamato un paio di anni dopo, per prendere parte alla categoria Primavera. Non è stata fortunatissima come esperienza perché l’arrivo di un altro attaccante mi tolse spazio. Ad ogni modo l’esperienza con l’Atalanta è stata molto positiva, anche se una volta uscito dalla Dea non avevo le idee molto chiare sul mio futuro nel calcio.”
Piccolo passo in avanti. Dopo varie esperienze nella provincia bergamasca arriva la scelta di andare all’estero. Come è stato?
“Successivamente all’esperienza in nerazzurro ho militato in diversi club. La Virtus Bergamo mi ha girato in prestito in Eccellenza allo Scanzorosciate dove abbiamo vinto il campionato. L’anno successivo sono passato in prestito al Verdello Intercomunale.
Questo è stato il mio ultimo anno in Italia per poi partire per il Portogallo. Una scelta giusta a mio avviso, soprattutto a distanza di anni, purtroppo in Italia tanti ragazzi finiscono chiusi e avevo bisogno di far cambiare marcia alla mia carriera per mettermi in mostra e diventare un calciatore professionista, mio obiettivo dall’infanzia. Non è stato per niente facile.
La prima settimana è stata dura, a diciassette, diciotto anni lontano da casa, gli amici che chiamano, la nostalgia. La quotidianità totalmente stravolta mi ha ucciso moralmente, tuttavia ero da solo e mi sono dovuto fare forza da me.
Non ero là per andare in vacanza, ma per diventare un calciatore professionista e questa era l’unica cosa che contava. Onestamente se tornassi indietro” – ci racconta Cooper – “non so se ci riuscirei ancora, tuttavia sono sacrifici che portano a cose positive e che sono felice di aver fatto.”
A diciassette anni solo dall’altra parte d’Europa, inseguendo un sogno.
I risultati in Portogallo poi sono stati buoni.
“Fortunatamente si. Nella prima stagione con il Condeixa, in Serie C Lusiana, ho fatto 13 gol guadagnandomi il passaggio ad un club di prestigio come l’Arouca. È stato un passaggio importante, significava entrare nel calcio che conta, l’Arouca ha fatto anche l’Europa League ed è una realtà nota ed apprezzata nel paese. Per farmi le ossa sono stato mandato in prestito al Vianense, dove ho fatto bene.”
Dopo il Portogallo arriva la Svizzera.
“Esattamente, lo Schaffhausen in Challenge League, la cadetteria elvetica. Qui ho conosciuto l’ex calciatore Hakan Yakin ed il fratello Murat Yakin, oggi allenatore della selezione Svizzera ed al tempo mio coach. Tecnico capace e carismatico con cui ho un ottimo rapporto che continua ancora oggi.
Si tratta di due vere leggende. Basti pensare che quando la squadra era in giro – anziché chiedere gli autografi ai calciatori – i tifosi preferivano andare a cercare i due ex atleti. Si è trattato di un tecnico che mi ha fatto crescere molto come calciatore, che ha saputo toccare i tasti giusti, facendomi andare oltre alcuni limiti caratteriali e fisici che avevo.
Yakin per esempio in allenamento non mi fischiava mai i falli a favore. Ero gracile e voleva che crescessi fisicamente e come forza mentale per proteggere palla, per poter giocare meglio come centravanti.”
Quanto può pesare un allenatore sul rendimento di un atleta?
“Un allenatore può essere estremamente importante per la crescita di un giocatore, come accaduto per me con Yakin. Per me non esiste niente di più stimolante che sentire la fiducia di un tecnico, magari tirando fuori qualità che non pensavi avere, cambia completamente la predisposizione mentale di un calciatore.
Senza fiducia è difficile emergere, ti senti offuscato. Ci sono tanti giocatori che possono essere un esempio negativo. Penso a Zaniolo a Roma, con i suoi contrasti con Mourinho. Purtroppo quando non c’è feeling con un allenatore diventa dura, puoi quasi impazzire.
Magari fai una settimana di allenamenti perfetti, segnando ad ogni palla, e poi la domenica stai seduto a guardare. Purtroppo anche quest’anno è capitato spesso, non saprei dare una motivazione ed è stato difficile anche se nelle ultime settimane sono arrivati minuti e gol.”
Coppa di Macedonia e doti profetiche.
In Macedonia hai sollevato la Coppa nazionale. Che emozione hai provato?
“Vincere è veramente una sensazione importante. La mia squadra poi mancava l’appuntamento con la vittoria da qualche anno e sollevare un trofeo così importante, soprattutto in ottica qualificazione europea è stata una soddisfazione enorme. Oltretutto la vittoria in coppa ha aiutato a raddrizzare una stagione nata male in campionato, grazie al raggiungimento della Conference League.”
A proposito di Macedonia, sei stato profetico mettendo in guardia la nazionale italiana prima dei playoff mondiali, purtroppo senza successo.
“Purtroppo ero convinto che la Macedonia potesse giocare un brutto scherzo all’Italia. Nel paese c’era la sensazione che si potesse fare lo scherzo agli azzurri, giocando un tiro mancino ad un gigante del calcio mondiale, senza timori reverenziali verso l’Italia.
La Macedonia è una squadra solida, non brillante, ma che sa colpire al momento opportuno e soffrire. È il sintomo di un calcio sempre più livellato, dove tutti ormai si stanno attrezzando e migliorando.”
Romania, Hagi e Chindia Targoviste.
Qual è il livello del campionato romeno?
“Si tratta di un calcio che nel contesto dell’Europa orientale ha un ottimo livello. Sta crescendo molto, anche se talvolta ci sono alcuni problemi con l’uso del VAR, che mi sono costati un gol valido. Escono molti calciatori di valore, nonostante qualche pregiudizio, perché comunque ci sono molti occhi puntati sulla Superliga. Penso a Denis Man, che partendo dalla Romania è arrivato a Parma facendo anche bene.
Ci sono club come la FCSB, la vecchia Steaua Bucarest, il Cluj che ha affrontato la Lazio in Conference League, il Sepsi di Bergodi, il Farul Constantia di Hagi, un mito che ho avuto modo di conoscere a inizio anno. Hagi oltretutto mi ha fatto dei complimenti molto graditi quando ci siamo presentati e senza dubbio quando il Maradona dei Carpazi parla bene di te in tv è ovviamente un momento da ricordare.”
Ormai stai iniziando a diventare un habitué dell’est Europa, da Albania, passando per Macedonia ed infine Romania. Culturalmente c’è un gap o è semplice?
“Ci sono delle differenze, ma grazie al mio carattere spigliato ed alla mano mi sono sempre integrato bene. Per la mia esperienza si tratta di paesi dove esiste un grande senso patrio, ci tengono a farti sapere da dove vengono.
Nella mia esperienza Skopje e Tirana sono bellissime città, in cui mi sono trovato a meraviglia nonostante i problemi che ho avuto con il club albanese con cui sono in causa per problemi finanziari.
Targoviste invece è un centro più piccolo, capitale della Dambovita, ma molto più tranquilla che la bellissima capitale Bucarest. Certo la Romania rispetto agli altri paesi ha un livello calcistico superiore, probabilmente uno dei più importanti dell’Est Europa, infatti quando è arrivata la proposta non ci ho pensato due volte.”
Sogni da raggiungere e già raggiunti, ricordi e aneddoti di Godberg Cooper.
La Serie A è una prospettiva per Godberg Cooper?
“E’ certamente una prospettiva, ma dipende da me. Ora i numeri non mi aiutano, ma stiamo migliorando. Il sogno sarebbe il Milan, squadra per cui faccio il tifo da sempre. Sarebbe bello poter tornare in Italia e di certo è un obiettivo.”
Come è stata l’esperienza dell’Europa League, con gol annesso?
“Letteralmente non ho dormito per due giorni, perché oltretutto è stato un gol in acrobazia piuttosto difficile, se lo riprovassi a fare cento volte non sono sicuro mi riesca ancora. È stata una emozione straordinaria, una delle più belle della mia vita contro lo Slavia Sofia.
Purtroppo l’assenza del pubblico a causa della pandemia mi ha privato della gioia di esultare davanti al pubblico. Il turno successivo siamo usciti contro il Wolfsburg, ma mi sono tolto la soddisfazione di conoscere un grande campione e collega come Wout Weghorst con il quale ho scambiato la maglia e ho instaurato una bella amicizia, nonostante il 4-0 subito.
Purtroppo negli ultimi mesi è entrato un po’ nell’occhio del ciclone per la polemica con Messi, ma credo si sia trattato solo di un malinteso perché si tratta di un ottimo ragazzo che sicuramente non cercava la polemica fuori dal campo.”
Gli spogliatoi sono sempre un mondo a parte, dove non mancano gli aneddoti divertenti. Godberg Cooper, ce ne regali uno?
“Ultimamente durante il Mondiale ho preso di mira il mio ex compagno argentino Juampi Passaglia, ora all’Agropecuario. Dopo la sconfitta della Albiceleste contro l’Arabia Saudita mi sono presentato in allenamento con la Kandura, parlando in arabo e prendendolo in giro finché esasperato mi ha bloccato su Whatsapp. Alla fine però l’Argentina ha vinto il Mondiale, forse in fin dei conti ha riso lui.”
Qualche atleta che sia esploso che hai incontrato per la tua strada?
“All’Atalanta ho giocato con Manuel Locatelli, ora in forza alla Juventus. Si vedeva che era un ragazzo molto bravo, sicuramente talentuoso, ma onestamente non avrei immaginato che sarebbe potuto arrivare in una big come i bianconeri.”
Chiudiamo qui questa bella intervista, ringraziando Godberg Cooper per la sua straordinaria disponibilità.
Abbiamo scoperto un ragazzo che nella sua storia ha dimostrato grande coraggio, intraprendenza e perseveranza nel rincorrere un sogno tanto straordinario, quanto lontano all’inizio del percorso. Un ragazzo che potremo ammirare per il suo talento calcistico, per la sua imponente fisicità, ma che preferiamo apprezzare per la gentilezza e la affabilità con cui si è posto in questa chiacchierata. Non possiamo che augurargli il meglio per questa stagione e per il suo futuro, sicuri che potrà togliersi ancora tante soddisfazioni sportive negli anni a venire.
Immagine di copertina realizzata da PSM Sport, visita il sito!
Base tratta da una pic dell’archivio personale di Godberg Cooper.
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