Sottoporta intervista Darren “Charlie” Pomroy, CT di Nauru, ovvero la Repubblica più piccola al mondo.
26 novembre 1860: si gioca la prima partita di calcio che la storia ricordi. 2024: tutti i paesi del pianeta e la quasi totalità delle dipendenze con una popolazione stabile hanno giocato almeno un incontro internazionale (prendendo in considerazione anche il futsal, che poche settimane fa ha consentito il debutto delle Isole Marshall)… meno uno. C’è un unico punto ancora non presente su questa mappa ed è Nauru, la Repubblica più piccola al mondo, che di storie da raccontare ne ha e speriamo possa scriverne di nuove, magari su un rettangolo verde.
La fortuna di questo piccolo cerchio di terra l’ha fatta – almeno temporaneamente – il fosfato. La vendita di milioni di tonnellate di questo materiale ha permesso all’isola di arricchirsi (il reddito pro capite era quattro volte quello americano nel 1975), di costruire un sistema sociale dei sogni privo di tasse e addirittura impegni lavorativi. Salvo poi rivelarsi un’arma a doppio taglio, che dall’esaurimento delle risorse minerali in poi ha segnato un declino inesorabile e una profonda crisi economica.
Sottoporta intervista Pomroy
Se ci aggiungiamo un campo di detenzione profughi pieno e maltenuto e uno scenario deturpato dalle continue estrazioni, la situazione è ancor più critica. Noi abbiamo intervistato in esclusiva il direttore tecnico della nascente nazionale locale, l’inglese Darren “Charlie” Pomroy.
È un piacere parlare con un pioniere del football, è proprio il caso di dirlo. Quali sono state le tue prime esperienze? Avresti mai immaginato un giorno di lavorare un giorno in contesti così lontani dal Regno Unito?
Lavoro in questo mondo da oltre 20 anni, a tutti i livelli. Da ragazzino giocavo per il vivaio dell‘East Anglia, che è il club dell’Università di Norwich. Fin da piccolo sapevo che avrei voluto unire i viaggi al calcio per costruire la mia carriera, e così è stato. Devo ammettere che finora la mia è stata un’avventura insolita, ma mai noiosa.
Cosa porti con te dai campionati inglesi, che hai vissuto ad esempio con lo Stevenage o con il Biggleswade Town?
Gli inglesi sono famosi per il loro amore per il calcio, che per noi non è solo un gioco o una disciplina, bensì fa parte della nostra cultura e della nostra vita quotidiana. Avendo lavorato per la maggior parte della mia vita in ambienti il cui movimento è ancora in via di sviluppo, ho avuto il privilegio di poter educare, motivare e unire le persone proprio attraverso lo sport. Credo che questo sia ciò che le persone del nostro paese portano con sé quando si muovono, indifferentemente dal luogo.
Veniamo a Nauru. Come sei stato contattato? Come hai reagito quando ti hanno chiamato e dato la notizia che eri stato scelto? E soprattutto… Come ci si sente ad essere il primo allenatore nella storia di un Paese?
Il CEO Gareth Johnson è un mio caro amico e mi ha presentato per la prima volta a Paul Watson, esperto di aree in via di sviluppo ad ogni latitudine, che è stato un grande supporto per il mio viaggio negli ultimi anni. Sapevo di questo progetto e ovviamente per uno come me è stato emozionante. Tuttavia, mi ero offerto come consulente e speravo di far parte del consiglio di amministrazione o dell’organigramma della Federazione.
A dicembre del 2022 invece mi è stata proposta l’idea di allenare la formazione, dirigerla a tutti gli effetti dal terreno di gioco, e ovviamente ho detto di sì. Da lì il mio ruolo e il nostro percorso stanno crescendo e mi sono ritrovato in una posizione più centrale di quanto mi aspettassi inizialmente. La possibilità di portare il calcio in un posto dove non lo si è mai giocato e di imbastire un’intera cultura partendo dalle fondamenta è qualcosa che una persona come me sogna.
Sappiamo che è molto difficile raggiungere l’isola, sono necessari giorni di viaggio dall’italiano. Quando ci andrai? Hai già avuto contatti con gli abitanti?
Non sono ancora stato sull’isola, ma dovrei andarci prossimamente, a fine 2024. Al momento sono in Cambogia con la mia famiglia. Sono stato comunque in contatto con numerose persone e abbiamo una vasta rete di collaboratori e contatti che ci sta aiutando a guidare questo progetto. A prima vista sembrerebbe che la gente di Nauru sia convinta del rugby o del football australiano *. Ma io sono sicuro che una volta che saremo in attività potremo indurli ad innamorarsi anche del calcio.
* Si tratta di una variante che si gioca su un rettangolo più ampio e un numero di giocatori per squadra maggiore (18), in cui i “The Chiefs” nauruani sono addirittura la 5ª selezione più forte a livello globale. La disciplina che ha segnato l’esordio della delegazione alle Olimpiadi è invece il sollevamento pesi.
Quale futuro calcistico immaginate voi e la Federazione? Che parte potrà avere il pallone sul tessuto sociale, che ad oggi è sicuramente complesso?
Uno degli obiettivi a lungo termine è proprio usare questa opportunità per un impatto sociale positivo. Vogliamo dare accesso libero e illimitato a tutta l’isola e da lì costruire programmi, accademie e poi addirittura campionati professionistici. La nazionale gareggerà a livello internazionale nei tornei di futsal per iniziare ufficialmente.
È difficile iniziare un progetto così complesso praticamente da zero? Come vi state muovendo per mettere su la squarta senza poter contare sul passato e su una vera e propria Lega?
È emozionante e allo stesso tempo ovviamente difficile iniziare da zero. Certo, possiamo dare forma alle cose come vogliamo. Potenzialmente potremmo avere degli elementi convocabili sparsi per il mondo ma un budget limitato fa sì che le cose si stiano muovendo più lentamente di quanto volessimo. Però, si stanno pur sempre muovendo. Intanto stiamo vendendo le nostre prime maglie (grazie a Stingz.co) che ha creato delle fantastiche divise. Sono ispirate alla nostra bandiera: quella principale è blu con una banda gialla e la stella a dodici punte.
Nel frattempo alleni anche in Cambogia, dove ti trovi tuttora. Come sta andando in Asia?
L’Angkor City sta attualmente scontando un anno di squalifica e non tornerà prima di agosto 2025. Questo è il motivo principale per cui mi sono preso del tempo per trascorrere del tempo con la mia famiglia senza essere stressato dalla vita di tutti i giorni. Abbiamo grandi aspirazioni. L’ostacolo attuale è la mia riluttanza a continuare a lavorare per sviluppare il calcio dove non c’è supporto o gratitudine per i tanti, come me, che rinunciano alla propria possibile ascesa e spendono tempo e denaro per farlo. Sono inglese, ma la Cambogia è casa mia e spero che le cose possano presto cambiare qui.
Tornando a Nauru… In che fase del lavoro siete? Speriamo che possiate cominciare molto presto.
Siamo ancora nelle fasi di pianificazione con il primo campo di allenamento e la realizzazione inizierà a dicembre. Molto di ciò che vogliamo fare dipenderà dai soldi a disposizione, dall’allineamento dei programmi con Dave Kitson (ex attaccante che ha giocato in Premier League, ndr) e da qualsiasi potenziale avversario.
Grazie per averci dedicato un po’ del tuo tempo. Ci auguriamo che anche qui in Italia qualcuno si interessi a Nauru. Ci vediamo sul campo?
Onestamente sono stato incredibilmente fortunato a lavorare quotidianamente facendo qualcosa che amo. Al momento non alleno tutti i giorni, mi manca da morire e voglio solo continuare a fare ciò che mi piace. Grazie mille a voi e agli italiani: ho giocato nella penisola in 4 occasioni da giovane e ho apprezzato ogni secondo della vostra nazione e della vostra cultura.
Nauru vuole iniziare a giocare
Nel 2009 fu presentata una domanda di adesione alla OFC, ma la Confederazione oceanica rispose negativamente. Il principale ostacolo era l’assenza di un vero e proprio movimento calcistico nel paese, limitato a pochi episodi isolati: alcune partite improvvisate da lavoratori stranieri e un incontro del 1994 tra undici giocatori nauruani reclutati all’ultimo momento e una squadra composta da operai delle Isole Salomone. L’ultimo segnale di vita calcistica risale a dieci anni fa, quando, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, si disputò una partita tra una squadra locale e una del Regional Processing Centre, il centro di detenzione noto anche per episodi di violazione dei diritti umani.
Nel 2020, un sito web aveva diffuso la falsa notizia della creazione di un torneo interno a squadre, un’iniziativa tentata solo una volta all’inizio del millennio senza alcuna continuità. Successivamente, la Federazione, guidata da Kaz Cain, è tornata ad attivarsi, annunciando vari progetti che però non sono ancora stati realizzati. Tra questi, l’organizzazione di una spedizione per partecipare a una competizione alle Hawaii, l’intenzione di sfidare le Samoa Americane, la fondazione di un’associazione con i paesi vicini della Micronesia e la produzione di un film che avrebbe dovuto raccogliere i fondi necessari per costruire una nazionale e reclutare giocatori australiani con origini nauruane. Questi ultimi sarebbero stati selezionati dagli uffici di Yaren, il distretto più popolato e sede degli edifici governativi, spesso considerato la capitale di fatto, nonostante lo sia solo 𝘥𝘦 𝘪𝘶𝘳𝘦.
Da segnalare è il fatto che sia nato a Nauru il miglior marcatore di Tuvalu, che a sua volta non fa parte della FIFA ma ha sulle spalle circa 40 gare e ha presenziato alla Coppa del Mondo CONIFA del 2017. È Alopua Petoa, che attualmente milita alle Figi ma ha trascorsi in Nuova Zelanda e addirittura nei Paesi Bassi.
Chiudiamo questo approfondimento su Nauru tornando a parlare di Charlie Pomroy. Un profilo appassionato, che sta dedicando la sua vita a portare le sue competenze e il proprio contributo laddove dovevano ancora arrivare. Ha fatto il cameriere, il comico, ma la sua vocazione è sempre stata la panchina: basti pensare che a 21 anni divenne il più giovane ad ottenere la licenza B da allenatore. Tra le sue imprese, ha stabilito un record che è stato inserito nel Guinness dei Primati: il match con il maggior numero di partecipanti di sempre, disputato in 85 ore e coinvolgendo 2.375 bambini. Ha inoltre fondato un’accademia calcistica in Cambogia, la Next Stop, che, nonostante l’assenza di grandi investitori, è riuscito a trasformare in un club professionistico.
Adesso lo aspetta una sfida entusiasmante quanto complicata: portare un pallone e utilizzarlo per appassionare le tredicimila anime di un’isola minuscola, remota, complicata, ma terribilmente affascinante. Oltre i confini del calcio. Oltre le difficoltà di Nauru.
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