Esordiente assoluto nella massima competizione continentale, il Tagikistan si è qualificato alla Coppa d’Asia in programma nel 2023. Facciamo una panoramica sullo straordinario risultato raggiunto dalla nazionale dei Leoni Persiani.
Dušanbe è una città senza sbocchi sul mare, capitale e centro economico del Tagikistan, piccola Repubblica dell’ex Unione Sovietica. Gli abitanti della vallata del Gissar sono dediti per lo più all’industria tessile e, nei mesi estivi, non c’è altra attività a cui dedicarsi per distrarsi e combattere il clima caldo e secco.
La prossima estate però, i tagiki avranno la possibilità di ammirare la propria nazionale in Coppa d’Asia, competizione sfiorata solo in un paio di occasioni. Il Tagikistan ha concluso a pari merito con i “cugini” del Kirghizistan il girone di qualificazione, ma ritrovandosi in testa grazie alla migliore differenza reti. Una qualificazione brillante, ottenuta nel corso di un girone – ridisegnato per esigenze COVID – in cui si sono disputate solo le gare d’andata e che si è giocato per intero in Kirghizistan. A fare da sparring partner alle due nazionali ex sovietiche – anche i kirghizi hanno staccato il pass – troviamo Singapore e Birmania che hanno chiuso rispettivamente con tre e zero punti.
Atterrare a Teheran per continuare a sognare.
Inizialmente assegnata alla Cina, la Coppa d’Asia 2023 si giocherà con ogni probabilità in Iran, dopo la rinuncia di Pechino a causa della pandemia mondiale. La squadra allenata dal c.t. tedesco Petar Šegrt, viaggerà dunque verso la Persia – per gli affezionati ad una certa nomenclatura – conscia di essere inserita in quarta fascia. Il sorteggio che attende i Šerhai fârsi, letteralmente “I Leoni persiani”, potrà regalare sfide di enorme difficoltà. Le potenze del calcio asiatico ci sono tutte: i tagiki affronteranno sicuramente una tra Giappone, Iran, Corea del Sud, Australia, Qatar o Arabia Saudita.
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Qualunque essa sia, si tratterà di un avversario che definire scomodo è riduttivo. Le altre due urne potrebbero indicare, invece, sfide contro la Cina, o il Vietnam sempre più in crescita. Non meno importanti l’eventuale derby contro l’Uzbekistan di Shomurodov, o la sfida all’Iraq della stellina scuola Manchester United Zidane Iqbal. Da non sottovalutare neppure il potenziale abbinamento contro la Palestina, piacevole conferma del panorama mediorientale.
Il punto di forza: un calcio semplice.
Il Tagikistan ha conquistato l’agognata qualificazione giocando con un classico 4-4-2, raramente modificato in un 4-3-3. I punti di forza, trascinatori carismatici e migliori realizzatori, sono due: Parvzdzhon Umarbaev e Manuchekhr Dzhalilov.
Il primo, centrocampista che ha chiuso l’ultima stagione con i bulgari della Lokomotiv Plovdiv, è un giocatore dinamico con buoni tempi di inserimento. Sicuramente l’equilibratore della nazionale, con un piede caldo quando si tratta di calciare un piazzato. Il secondo non è altro che l’anima offensiva della squadra. Dai piedi e dalla verve di Dzhalilov passano tutti i pericoli creati dalla squadra e, non a caso, l’attaccante dell’Istiklol Dušambe è il miglior realizzatore di sempre della nazionale tagika. Brevilineo e nettamente il più tecnico dei suoi, si adatta anche come attaccante esterno.
Altro da segnalare? Poco. Qualche giovane interessante, su tutti Shakhrom Samiev attaccante dei bielorussi del Torpedo Zhodino e il trequartista diciassettenne Alidzhoni Ayni – già nel mirino di qualche club russo, ma poi l’arma in più potrebbe regalarla la sorte. È fuor di dubbio che se dovesse arrivare un sorteggio “leggero”, l’entusiasmo e la spensieratezza del Tagikistan potrebbero fare da motore per qualche risultato di prestigio e anche per uno storico passaggio del turno.
Il calcio come arma di propaganda.
Entusiasmo e spensieratezza. Due stati d’animo che, al netto della propaganda nazionale, in questa parte di mondo pare non abbiano vita facile. Il governo del Presidente Enomalī Rahmon è considerato una dittatura da Human Rights Watch, e pare che sia la libertà di espressione che quella di credo siano fortemente compromesse. Il governo vieta anche di chiamare i neonati con qualsiasi nome che richiami alla Russia.
In questo contesto problematico, il calcio assume due valenze. Una di valore politico, come ennesimo segnale della grandezza dell’operato del governo e del suo Presidente, in carica con “regolari” elezioni dal 1993. Il rovescio della medaglia però, è che i risultati della nazionale stanno dando e potranno continuare a dare gioia e senso di orgoglio a questo popolo di ceppo indoeuropeo che per la prima volta nella storia, leggerà il proprio nome sulla mappa del calcio continentale.
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Grafica a cura di PSM Sport (base tratta da: Instagram fft_official)