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Corno d’Africa: calcisticamente (e non solo) a pezzi

Siamo nel Corno d’Africa. Alcune zone del mondo sono polveriere, raccolgono tutti i granelli che i secoli hanno portato ad accumularsi, li nascondono ma non li soffiano via. Altre, sono mosaici di popoli, di idiomi, di tradizioni e di vite: intrecci preziosi e antichi, vari e magnifici. Poi ci sono i luoghi in cui si fondono queste caratteristiche. Il tempo diventa scrigno ricco nel quale immergersi e cercare la bellezza, ma anche un filo di trascorsi dolorosi e complessi del passato.

Il Corno d’Africa è tutto questo, un’area difficile che dal continente si appuntisce e si getta nella vastità dell’oceano. Problemi dall’acqua e dalla terraferma, colonialismo, vicissitudini interne, carestie, alluvioni, dittature. Ma non per ciò non merita di essere scoperto, anzi. I paesaggi variano e meritano, avvolti da un’aria pesante per il sole a picco e per gli spari che ha subito. La situazione è calcisticamente, e non solo, a pezzi. Dal punto di vista umanitario si parla di frangenti molto complicati, e da quello del pallone, senza voler forzare parallelismi squilibrati, non va meglio.

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Il Paese più grande del Corno d’Africa. Un triangolo di territorio in cui se ne incontrano quattro. L’Etiopia, lo stato senza sbocco sul mare più popolato al mondo con i suoi 150 milioni di abitanti. Ha attraversato la dominazione fascista italiana – che ha preso il posto l’Impero del negus Hailé Selassié, il quale ha poi però regnato per decenni – la crisi energetica del ’73, il Terrore rosso, e mille altre cose.

Sul campo, a comandare spesso il campionato locale sono i giallorossi del Saint-George. Il club è simbolo d’identità e di ribellione, anche di ridimensionamento: la società fu pure costretta a chiamarsi per diversi anni “Birreria Addis Abeba”. La scorsa estate hanno superato un turno dei preliminari di CAF Champions League, competizione di cui hanno raggiunto la semifinale più di cinquant’anni fa. Hanno fatto fuori dai giochi il KMKM di Zanzibar, così da regalarsi il prestigio della sfida (senza appello) con l’Al Ahly.

31 i titoli nei propri confini per i “Santini”, l’ultimo quello conquistato nella stagione 2022-23. Il numero quest’anno è rimasto tale a causa di una condotta deludente e sono rimasti fuori dal podio. In testa alla classifica ha terminato l’Ethiopia Nigd Bank, fondato nel 1982 dalla Banca Commerciale d’Etiopia, al primo scudetto in assoluto.

Spostandoci sulla Nazionale, ad oggi risulta sorprendente pensare che solo due anni fa calcasse i campi della fase a gironi di AFCON, entrando fra le 24 del continente a giocarsi il trono. Un exploit nonostante il 4° ed ultimo posto nel proprio raggruppamento, stesso risultato della spedizione del 2013. La partecipazione alla kermesse camerunense coincide con l’undicesima apparizione nel torneo. Bisogna risalire al 1957 per trovare il punto d’origine di questa serie.

E c’è da dire che all’inizio era solo un quadrangolare fra i quattro membri fondatori della CAF (gli altri erano Sudan, Egitto e Sudafrica). Dopo una medaglia d’argento e una di bronzo, nell’edizione casalinga del ’62, quando le squadre a prendere parte erano aumentate a 9, arrivò finalmente il trofeo. L’italiano Luciano Vassallo è stato meccanico, attaccante e poi CT, uomo stimato e tanto altro. Lui guidò nel cammino verso la vittoria quella compagine che fino a pochi minuti dalla fine dell’ultimo atto era sotto contro la Repubblica Araba Unita, ovvero l’Egitto. Poi però riuscì a riemergere e salire più in alto di tutti.

Luciano Vassallo nel 1968 (fonte: https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:Luciano_Vassallo_1968.jpg)

Già, l’Etiopia è stata sul tetto d’Africa, e anche se la storia del suo bomber di padre fiorentino non è fra quelle più in voga merita di essere ricordata. Discriminato perché meticcio, autore di 99 reti in 100 presenze, capitano della formazione vincente, resiliente agli attacchi dall’alto che volevano togliergli la fascia dal braccio e additato dopo la sua denuncia di un caso di doping. Nei suoi gol, la forza del cuore oltre a quella delle gambe, e tante battaglie vissute. Ora invece i “Walyas”, soprannome che si collega agli stambecchi del Semien, una specie tipica ed esclusiva del posto, sono in un periodo non entusiasmante.

Nel girone di avvicinamento a Costa d’Avorio 2024 si sono piazzati in ultima posizione, e sperano di giocarsela nella strada verso il Mondiale. Non sarà semplice raccogliere risultati positivi. La compagine allenata da Gebremehdin Hailé, al momento 143ª nel Ranking globale, può contare su un solo singolo che gioca all’estero, ovvero l’ala sinistra dello ZED Abel Yalew. Con il salto in Nordafrica però, il classe ’96 ha perso minuti (entrando agli sgoccioli delle partite), fiducia e vena realizzativa.

Gli elementi su cui fare affidamento sono quindi altri attualmente: pensiamo ad esempio a Chernet Gugsa del Bahir Dar Kenema, in gol nell’amichevole con il Lesotho. Il sistema più interessante degli ultimi tempi è un 4-4-2 che in avanti faceva leva sulla libertà di spaziare data a Dagnachew, con la maglia numero dieci sulle spalle, affiancata a Markneh. Poi lo scacchiere è stato tarato sulla novità del 4-3-3, apparso però statico e non convincente a pieno. Perciò, un ritorno alla soluzione adottata in precedenza sarebbe visto di buon occhio.

Volgendosi a Oriente del Corno d’Africa, troviamo l’Eritrea, separatasi dall’Etiopia nel 1991. Successivamente, a prendere il potere e a concentrarlo tutto in sé è stato Isaias Afewerki, primo e unico Presidente nella storia del Paese. Questo perché non si svolgono elezioni ed esiste un solo partito. Tutto nella capitale Asmara sa d’Italia: le foto in bianco e nero dei bar, il caffè, l’atmosfera. Anche qui la storia è travagliata. Si passa dagli anni Trenta al protettorato britannico, con tanto di detto: “Quando c’era buongiorno si mangiava tutto il giorno, da quando c’è thank you non si mangia più”), fino alle tensioni con i vicini per il controllo dei porti e della regione del Tigrè.

La disciplina che si sta sviluppando meglio è il ciclismo. I giovani ci sono e abbiamo già avuto prova delle loro potenzialità anche sul nostro suolo, con Biniam Girmay primo africano a vincere una tappa al Giro e conquistare la maglia verde al Tour. Il calcio è molto amato ma fa fatica ed è in una situazione di stagno da diverso tempo. Più precisamente, da quando le fughe dei “Ragazzi del Mar Rosso” sono diventate frequenti, il timore di nuove diaspore non autorizzate è stato compensato con il ritiro della squadra da ogni competizione.

Non giocando un match ufficiale da anni, dal gennaio 2020, l’Eritrea è sparita dai radar e dalla graduatoria del Ranking FIFA per inattività. In questa situazione, è un peccato non vedere all’opera gli uomini in divisa azzurra attraversata da due bande, una rossa e una verde, che potrebbero contribuire alla crescita del movimento e di alcune individualità interessanti. Ci riferiamo in primis ad Ali Sulieman, bomber nella Lega etiope, e al centrocampista Senai Hagos, che milita nel terzo livello della piramide calcistica norvegese.

Per completare il quadro mancano Gibuti e Somalia, legati dal punto di vista etnico e linguistico. Entrambi hanno disputato il turno preliminare per Marocco 2025, uscendo subito. Con onore il primo, battuto da una Liberia effettivamente superiore all’andata e rimasta sul pareggio a reti inviolate al ritorno, con tanta delusione invece le “Ocean Stars”, stese da eSwatini.

A Gibuti la Division 1 ha incoronato l’AS Arta/Solar7 con +5 di vantaggio sull’AS Ali Sabieh/Gibuti Télécom (unica di un certo livello fuori dalla capitale). C’è stato, tra l’altro, un cambio che ha visto le partecipanti aumentare da 9 a 10 così da rendere più consono e agevole lo svolgimento. La capolista è una realtà emergente che sotto la sponsorizzazione di un’azienda che produce energia pulita è riuscita a inanellare tre successi in quattro anni. Il club è riuscito ad ingaggiare anche Alex Song, camerunense passato dai grandi stadi europei con Barcellona ed Arsenal, oltre che a fare un ottima figura nei preliminari di Confederation Cup.

Dall’Arta arriva un giocatore prezioso per la Nazionale (193^ nel ranking FIFA), Gabriel Dadzie, prodotto della West African Football Academy ghanese e che dopo una parentesi ivoriana allo Stade d’Abidjan è tornato in patria. Per le qualità, potrebbe tuttavia ambire ad un livello più alto. Chissà che non lasci il Corno d’Africa per raggiungere l’Europa. Da segnalare Anas Farah Ali, esterno del 2000 in forza al Moss nella cadetteria norvegese. Un aspetto positivo degli ultimi tempi è che la difesa sembra tendenzialmente migliorata rispetto ai passivi horror degli anni scorsi. Un piccolo spiraglio per un piccolo movimento chefra una disponibilità di materiale economico e umano deve faticare per raggiungere soddisfazioni.

L’asticella si alza leggermente se ci spostiamo verso nord, in Somalia. Il marocchino Rachid Lousteque ha recentemente tentato di staccarsi dal suo modulo preferito, il 4-4-2, per dare più densità nelle zone offensive con un 4-3-3. A disposizione ci sono diversi giocatori che arrivano da paesi angolofoni, e più precisamente dal dilettantismo inglese, dalle leghe regionali australiane e dagli USA. È questo il caso di Abdi Salim, difensore di 23 anni riserva nell’Orlando City, di Mohamed e Omar (entrambi in USL Championship rispettivamente al New Mexico United e al San Antonio) e infine di Gabo che milita in League One. In proporzione sono pochi i singoli che arrivano dal campionato, malgrado la Federcalcio imponga un limite di massimo quattro tesserati stranieri per club.

In National League il Dekedaha FC ha festeggiato il suo sesto titolo nazionale, con nove punti di vantaggio sul Mogadishu City. Quarto il Gaadiidka, vincitore della stagione 2022-23. Una posizione indietro troviamo l’Elman, una delle squadre protagoniste del principale derby della capitale quando affronta il Mogadishu City.

L’Africa corre veloce, corre verso l’affermazione e il miglioramento su fronti sempre nuovi e diversi. Corre verso i piani alti del football planetario, ma al suo interno ci sono ambienti da ricostruire. Che questo percorso si intraprenda al più presto: prima con la pace e la libertà, poi con un gol.


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