La vicenda grottesca della Copa America 2020+1, la quale non ha avuto abbastanza risalto mediatico oltreoceano, getta parecchie ombre sulla Conmebol e sui vertici politici brasiliani.
L’Europa celebra l’avvio dei campionati continentali come il concreto risultato dei sacrifici compiuti negli ultimi due anni per contenere l’epidemia di Covid-19. Si è giunti ormai ad una fase avanzata nella vaccinazione della popolazione, mentre i numeri nel Vecchio Continente, seppur con un retrogusto davvero amaro, sono nettamente più rosei rispetto agli scorsi mesi. Dall’altro lato dell’Oceano Atlantico, nel frattempo, comincia una Copa America che quasi nessuno avrebbe voluto che si disputasse. In una nazione, il Brasile, che occupa i primi posti mondiali per numero di vittime e casi della terribile variante della Sars.
“Quello che già era male, è andato sempre peggio”
La 47esima edizione del torneo continentale più antico del mondo non avrebbe neanche dovuto aver luogo, a dir la verità. Normalmente la competizione si svolge dal 2011 con cadenza quadriennale negli anni dispari. Tuttavia, la Conmebol ha deciso di uniformare il calendario in modo da farlo coincidere con i Campionati Europei di calcio. Argentina e Colombia si sono originariamente aggiudicate, nel marzo del 2019, l’organizzazione dell’edizione “speciale” del 2020, mentre quella del 2024, la prima “regolare”, si giocherà in Ecuador. La crisi del Covid-19 ha poi fatto sì che, così come l’omologa europea, anche la Copa America fosse spostata dal 2020 a quest’anno.
“Quello che già era male, è andato sempre peggio”: questo potrebbe essere il riassunto di ciò che è capitato negli ultimi mesi alla Copa America e che ha portato la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica sudamericana a schierarsi contro la realizzazione del torneo.
Una Copa nata sotto una cattiva stella
In effetti, dalla decisione logica e inevitabile di cancellare la disputa nel 2020, sono arrivate solo pessime notizie per la Conmebol. A febbraio di quest’anno l’Australia ed il Qatar, le due nazioni invitate, hanno annunciato il loro ritiro dalla manifestazione. È stata decisiva la sovrapposizione con le partite delle Qualificazioni asiatiche ai Mondiali del 2022, il cui calendario è stato a sua volta rimodulato dopo la pausa forzata del 2020.
Vista l’imminenza dell’evento più importante del continente sudamericano e il congestionamento delle date, si è deciso di non sostituire le due nazionali. Una buona notizia per i tradizionalisti, che non vedono di buon occhio queste “intrusioni”, ma pessima per la Conmebol, dato che la rinuncia delle due nazionali ospiti ha significato un notevole danno economico.
Colombia e Argentina fanno un passo indietro
“Sarebbe assurdo pensare di non realizzare la Copa America in Colombia e Argentina come previsto”: nonostante la pesante crisi sanitaria e sociale che affligge il paese, è stato il presidente colombiano Iván Duque in persona, il 5 maggio, a rilasciare questa dichiarazione.
Appena 15 giorni dopo, lo stesso Duque annuncia la rinuncia della Colombia, dopo che la Conmebol ha ammesso di essere preoccupata per mancanza di sicurezza. L’intero continente, infatti, aveva assistito a partite della Libertadores assurdamente giocate in un paese in rivolta, con il fumo dei lacrimogeni e il rumore degli spari in sottofondo. Gli scontri hanno causato 60 morti e oltre 2.300 feriti nel paese, mentre la repressione della polizia si fa sempre più dura. La Copa America è un impegno ingestibile per un paese dal tessuto economico e sociale lacerato, precipitato da anni in una situazione di grave instabilità, le cui grida di aiuto giungono come echi sordi lontani alle orecchie del resto del mondo.
L’Argentina rimane dunque sola organizzatrice. Ma il 30 maggio sera, il Ministro degli Interni argentino Eduardo de Pedro dichiara che è “molto difficile” che la Copa America si disputi nel paese, che vive una nuova ondata di contagi. Pesano sulle parole del ministro i risultati di un sondaggio che vede il 70% degli intervistati contraria alla realizzazione del torneo. Così, in piena notte, la Conmebol twitta che la “viste le circostanze, ha deciso di sospendere Copa America in Argentina”, ma che “analizza le proposte di altri paesi che si sono offerti di ospitare il torneo”.
La grottesca corsa della Copa America
Cominciano le previsioni su quali possano essere questi paesi. Ecuador e Cile avanzano una richiesta ufficiale, mentre la Conmebol chiede la disponibilità degli USA nonostante i pessimi rapporti con la Federazione americana dopo dispute economiche non risolte dai tempi della Copa America del Centenario realizzata nel 2016. Ma anche gli Stati Uniti declinano. Prende quota una candidatura del Paraguay, paese che ospita la sede della confederazione.
Alla fine del pomeriggio del 31 maggio, l’annuncio che nessuno aveva previsto: la Copa America si giocherà in Brasile! E’ decisivo l’avvallo del presidente Jair Bolsonaro, che la Conmebol ringrazia personalmente per la disponibilità.
La notizia coglie letteralmente di sorpresa il paese sudamericano, che con 484.000 morti e più di 17 milioni di casi, è una delle nazioni più colpite dalla pandemia. Non hanno aiutato le politiche negazioniste del Presidente, che sin dall’anno scorso continua a minimizzare la gravità della situazione, si pronuncia scettico sui vaccini e preferisce investire milioni di reais (la valuta brasiliana) nel cosiddetto “trattamento preventivo”, una combinazione di due medicine – clorochina e ivermectina – normalmente usate come antiparassitari, che secondo Bolsonaro preverrebbero l’infezione, teoria che non trova nessun riscontro scientifico.
La reazione dell’opinione pubblica
La reazione dell’opinione pubblica è estremamente negativa. Sono molte le voci di giornalisti e opinionisti che si pronunciano immediatamente contro la decisione. “E’ la cosa più assurda di sempre” commenta Neto, ex idolo del Corinthians e oggi carismatico commentatore televisivo.
“Abbiamo quasi 500.000 morti nel nostro Paese, non abbiamo il primo vaccino né la seconda dose. Ed ecco che arrivano Conmebol e CBF – la Federazione brasiliana, ndr – a dire che la Copa America si svolgerà in Brasile. Giudici, governatori, senatori, Presidente? Lascerete che accada?”
Le parole di Neto all’emittente brasiliana Bandsports
Durissimo contro i giocatori della Seleção Walter Casagrande, ex giocatore anche di Torino e Ascoli:
“I giocatori della nazionale brasiliana tacciono come al solito. Per loro va bene, perché forse non succederà loro nulla e questo è ciò che conta. Oggi nel calcio regna l’egoismo. Neymar e i suoi coetanei stanno ancora giocando ai videogiochi, facendo o partecipando a feste clandestine, casinò. La loro vita è ancora meravigliosa, quindi perché preoccuparsi di quella vita degli altri?”
“Empatia? Non sanno cosa significa. Solidarietà solo attraverso i social network, ma quando serve il proprio contributo… Non succede nulla. Il signor Rogério Caboclo, presidente della CBF, che è un super negazionista, deve sentirsi benissimo, dato che continua a ribadire: «Sono il capo del calcio brasiliano…».”
Sfogo durissimo di Walter Casagrande
La reazione dei governatori
Accanto alle opinioni ci sono anche azioni concrete: due partiti ed un sindacato si rivolgono immediatamente al Supremo Tribunale, chiedendo che venga annullata la decisione del Presidente Bolsonaro. I governatori degli stati del Pernambuco, Rio Grande do Norte, Minas Gerais, Paraiba, Bahia e Rio Grande do Sul dichiarano che i loro stati non ospiteranno partite.
Tutto questo caos mentre la Seleção è impegnata in due partite delle Qualificazioni Mondiali contro Ecuador e Paraguay. Durante le conferenze stampa nessun giornalista fa domande sulla formazione, ma solo sulla decisione di ospitare la Copa America. Il tecnico Tite si pronuncia contro e viene letteralmente travolto da un’ondata di hate spechees nelle reti sociali, dove, come è tipico dei bolsonaristi, immediatamente diventa “comunista”.
La reazione dei calciatori
I calciatori, attraverso il capitano Casemiro, si limitano a dare una dichiarazione sibillina: “tutti sapete quale è la nostra posizione”. Quindi ha annunciato un comunicato stampa dopo la seconda gara contro il Paraguay. Comunicato che, nel contenuto, sembra dare ragione alle parole di Casagrande e che si può riassumere in: “Siamo contro la realizzazione della Copa in queste condizioni, ma non possiamo dire di no quando si tratta di vestire la maglia della nazionale”.
Diversi media hanno riportato di un tentativo di Neymar e Casemiro di creare un fronte comune contro il torneo con i calciatori più rappresentativi delle altre nazionali, ma senza successo. Sostanzialmente scaricato dai suoi giocatori, le ore di Tite sembrano contate, ma un evento imprevisto ha salvato la sua panchina: il presidente della CBF Caboclo, bolsonarista convinto, viene denunciato da una dipendente della Federazione per molestie sessuali. Rapidamente l’inchiesta si allarga e altre funzionarie testimoniano contro Caboclo, che viene destituito e sostituito da Antônio Carlos Nunes, il quale afferma immediatamente la fiducia al tecnico, per il momento.
Alla fine la Copa America si giocherà
Il colpo finale al movimento contro la Copa viene dato dal Supremo Tribunale, che il 10 giugno vota contro le richieste di annullare il torneo. La Copa America numero 47 si giocherà quindi in quattro città – Brasília, Cuiabá, Goiânia e Rio de Janeiro -, senza pubblico, con un’opinione pubblica sostanzialmente contraria all’evento, nel disinteresse più totale dei media e che è finita per essere solamente l’ennesimo argomento divisivo di un paese che paga con un enorme tributo di vite umane scelte politiche incomprensibili. Alla luce di tutto ciò, ci sorge spontanea una sola domanda: era davvero necessario giocare questa Copa America?
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