Il Rentistas ha vinto un titolo storico. La piccola squadra del quartiere Cerrito de la Victoria di Montevideo si consacra campione dell’Apertura battendo il gigante Nacional. La storia dei Bichos Colorados e del loro allenatore.
Il 15 ottobre 2020, negli spogliatoi del leggendario stadio Gran Parque Central di Montevideo, i padroni di casa del Nacional e gli outsider del Rentistas si stanno preparando per lo spareggio che deciderà il campione del torneo Apertura. La prima sfida della partita avviene negli spogliatoi tra i due allenatori. Da un lato Gustavo Munúa, tecnico del Nacional ed ex portiere della nazionale dell’Uruguay, che è impegnato ad istruire i suoi ripassando gli schemi e le posizioni. Dall’altra parte il suo collega Alejandro Cappuccio scrive su una lavagna una semplice frase: “Abbiamo la bellissima opportunità di fare la storia“.
Appuntamento con la storia
La partita non è bella, come non può esserlo una gara con un titolo in palio. Per di più si gioca senza pubblico per via dell’emergenza Covid. Non succede molto nei 90 minuti: una rete annullata per fallo all’ex Catania Gonzalo “el Toro” Bergessio e l’espulsione per doppia ammonizione di Mathias Suarez del Nacional sono le emozioni maggiori. Si va ai supplementari. Dopo 2 minuti il neo-promosso Rentistas trova la giocata del titolo. Da Andrés Rodales a Gonzalo Vega – centrocampista trasformato in punta, che giocava in Ungheria nella Puskas Academy – che trova uno spettacolare tiro al volo che vale l’1-0.
Il risultato non cambia più e per la prima volta in 87 anni di vita il Bicho Colorado – soprannome del Rentistas – vince il titolo. Anzi, un titolo, visto che la bacheca del club conta solamente le poco significative coppe per la vittoria della seconda divisione.
E lo fa con una stagione da incorniciare. Neopromosso dopo uno spareggio contro il Villa Española, ha fatto poi un filotto di 23 partite senza sconfitte. Tra i protagonisti della vittoria ci sono nomi conosciuti, come quello dell’ex centrale del Catania Alexis Rolin, che con il portiere Yonatan Irrazabal e il prodotto della cantera Nacional Maximiliano Falcon Picart hanno chiuso il torneo come miglior difesa. Anche l’attacco ha funzionato nel modo migliore, al secondo posto per gol segnati, con l’ex Lugano (ed ex promessa del calcio uruguaiano) Cesar Perez e Gonzalo Vega a trainare i compagni. Tutto ciò nonostante la perdita del gioiellino Cristian Olivera, venduto per esigenze di bilancio all’Almeria durante l’ultimo mercato.
Da bere un Cappuccio
Ma il protagonista del titolo è sicuramente l’allenatore Alejandro Cappuccio, 44 anni, dal 2018 al Rentistas. Ancora oggi sul suo profilo Twitter si definisce “notaio, avvocato, preparatore fisico e allenatore del Club Atlético Rentistas”. Continua umilmente a dividersi tra il campo e lo studio notarile, perché “gli allenatori sono usa e getta”, come risponde a chi gli chiede il perché del doppio lavoro. Studioso scrupoloso della tattica, mette in campo un 4-4-2 camaleontico, come lo definisce lui stesso, capace di alternare possesso o transizione, che ha nella coesione del gruppo la sua arma migliore.
“La capacità di emozionarsi e di continuare a fare sogni hanno reso tutto più sopportabile durante il lockdown. Si è formato un gruppo molto coeso e tutti, quando abbiamo vissuto momenti tristi o qualche frustrazione momentanea, abbiamo cercato di aiutarci uno con l’altro emotivamente, moralmente e finanziariamente”.
A. Cappuccio
Con una famiglia medio-borghese alle spalle – padre dentista, madre psicologa – Cappuccio giocava nelle giovanili del Nacional mentre frequentava la facoltà di diritto. Racconta che la sua carriera di calciatore venne interrotta proprio per questo:
“Un giorno Humbertito Grondona (figlio dello storico presidente della Federazione Argentina, Julio) che era il coordinatore delle giovanili mi prese da parte dopo un allenamento e mi disse: sei basso, biondo, con gli occhi azzurri, ti piace studiare e vivi a Pocitos (quartiere residenziale): lascia perdere il calcio”.
A. Cappuccio
Da quello che “fu il peggior giorno della mia vita” nasce però la carriera di allenatore che arriva in questo periodo al suo punto più alto. Si parla di Cappuccio proprio come nuova guida del Nacional (Munua è stato licenziato dopo la sconfitta) e di offerte da Messico e Ecuador. “Non accetterei un’offerta per andare in un altro paese” – dice Cappuccio – “Ho tre figli e non voglio chiuderli in un appartamento mentre io sono in un hotel, non cambio denaro con il rischio di perdere la famiglia, vivo per il calcio ma non di calcio. Ma se mi chiama il Nacional, mi cambia la vita”.
Rendita
La modestia del suo allenatore si riflette anche nella storia del Rentistas. Club fondato nel marzo del 1933 nel quartiere di Cerrito de la Victoria, ha sempre rappresentato l’anima popolare del “barrio”. Ancora oggi la sede inaugurata nel 1972 ospita corsi, attività culturali e sociali ed un ambulatorio medico gratuito per gli abitanti del Cerrito. Ha anche una squadra femminile, il San Jacinto Rentistas, in prima divisione e diverse squadre giovanili.
L’origine del nome risale ad una storia curiosa. Alcuni giovani decidono di formare una squadretta per giocare i numerosi tornei cittadini e si allenano di sera nella piazza del quartiere. Gli abitanti mal sopportano le grida e gli schiamazzi dei ragazzi e si lamentano. Un giorno da una finestra esce il grido (c’è una versione della storia che dice che sia Esteban Marino, futuro arbitro che fischierà a ben tre mondiali): “Ma qualcuno di voi lavora domani?!”. Dopo un primo momento di silenzio, Emilio Pronzolino risponde con un sorriso: “Viviamo tutti di rendita!”. Così quella definizione – “rentistas” – venne proposta dallo stesso Pronzolino come nome per la squadra.
Dopo gli anni dei tornei amatoriali, il Rentistas viene promosso in Serie B nel 1963, con una squadra formata unicamente da ragazzi del Cerrito. Per evitare che il sabato sera andassero a ballare o rimanessero in giro fino a tardi, l’allenatore Rojas affitta un autobus in cui tiene chiusa tutta la squadra parlando di calcio e raccontando storie fino alle 2 di notte, orario in cui le sale da ballo erano ormai chiuse. La strategia funziona e arriva la promozione.
L’esordio in Primera è da mettere i brividi: proprio contro il Nacional: finisce 6-1 con tre gol di Luis Cubilla. Comincia una traiettoria, che dura (durava?) fino ad oggi di classica squadra ascensore, con frequenti puntate in Primera e altrettanto frequenti retrocessioni. Nel 1998, anno in cui inaugurò il proprio stadio, il Complejo Rentistas, il Bicho Colorado si trovò a 90 minuti dal titolo dell’Apertura, ma perse l’unica partita di quel campionato, 2-0 contro il Danubio, consegnando il titolo al Nacional. “Il Dio del calcio era in debito con me per quel titolo sfuggito all’ultimo, debito pagato” dice l’allenatore di allora Martín Lasarte.
Oggi sul muro della sede campeggia un murales con la scritta Rentistas campeón” e il volto di José “Pino” Marciano, vice-presidente del club, scomparso a causa del Covid quest’anno. Sulla lavagna del Parque Central, dopo la partita, qualcuno ha cambiato la frase scritta da Cappuccio: “Hicimos Historia”, abbiamo fatto la storia.
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