Una amicizia inusuale, fra due club vicini e distanti. Una storia di calcio, una storia di popolo. Sarmiento e Almirante Brown, che legame.
29 novembre 1975.
Rosario.
Cancha de Newell’s Old Boy, El Coloso del Parque.
Torneo Hexagonal, i playoff a dirla modernamente, per la promozione in Primera.
Si sono qualificati San Telmo, Sarmiento de Junin, Lanús, Central Córdoba, Platense e Almirante Brown. Tutti sono pronti per cinque battaglie all’ultimo sangue per un posto nel massimo campionato nazionale.
El Coloso svetta fra gli alberi del Parque de la Independecia. Da poco migliorato e completato, è stato scelto come una delle sedi dell’epilogo della Primera B, vinta da Quilmes, con i club obbligati a giocare in trasferta per evitare scontri ed intemperanze dei tifosi, male cronico del futbol albiceleste.
In campo scendono Sarmiento de Junin e Almirante Brown.
El Verdolaga ha vissuto una stagione esaltante da neopromossa, conquistando un inatteso e meritato terzo posto in classifica.
La Fragata, invece, ha agganciato il treno playoff con il quinto posto, ma la promozione sembra impossibile per la qualità della rosa del club di Isidro Casanova.
La gara termina con un salomonico 1-1 che raffredda abbastanza le ambizioni di entrambi i club per la promozione, pur non spegnendole del tutto.
Alla fine del torneo sarà San Telmo a staccare il pass per il piano superiore, ma stranamente non è quello che succede in campo a rendere questa storia interessante.
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Immaginiamo la scena.
I venditori ambulanti dei classici “sangueche de milanesa” si ritirano ammutoliti, i choripan che sfrigolano sulla griglia tacciono quasi magicamente, l’acqua bollente per il mate si cristallizza, anche l’irritante falsetto arabeggiante di Camilo Sesto e della sua Melina alla radio tace di colpo.
Las catitas che gracchiano svolazzando fra gli eucalipti e le yacarande diventano silenziose all’improvviso, la primavera rosarina, calda e afosa come sempre, tutto d’un tratto si spegne.
I poliziotti, pur temprati dai tanti Central-NOB vissuti in prima linea, serrano le mascelle per la tensione, mano al manganello e goccia di sudore che scende pigra, ma inevitabile lungo la tempia.
Mancò solo che il placido Rio Paranà, scorrendo ad un paio di chilometri di distanza, decidesse di fermarsi per dare un’occhiata.
La scena è di quelle che si ricordano.
La nutrita hinchada Mirasol aveva già imboccato Boulevard Oroño, incamminandosi verso l’Oeste bonaerense quando i capi banda in verde si lanciano all’inseguimento dei luogotenenti della barra giallonera.
“Rubena” Sosa, El Ropero e Manopla incalzati si piantano in maniera dura in fronte agli avversari.
Sembra il preambolo dell’ennesima battaglia campale fra tifoserie avversarie.
Possiamo già immaginare i giornali del giorno pontificare, elencando feriti e danni, con quel paternalistico atteggiamento del “signora mia, dove andremo a finire” che a breve porterà al regime militare.
Invece nulla di tutto ciò accade.
Dopo il conciliabolo fra i capi ultrà non vi furono botte, nessun coltello fu sguainato, niente insulti e maledizioni.
Un grido solo si alzò e si udì forte e chiaro nel Parque:
“Sarmiento y El Brown, un solo corazon!”
Ne segue una notte di festeggiamenti, asado y vino come da tradizione platense, ma l’amicizia che nasce non è destinata a morire, anzi vive anche oggi, più forte e salda che mai.
Chissà se i tifosi del Brown rientrando a Buenos Aires sul loro scalcinato autobus immaginavano tutto quello che sarebbe scaturito da quella giornata.
Chissà se los pibes di Junin avessero mai immaginato stringere un vincolo fraterno e duraturo con quei rammolliti di città. Loro, fieri lavoratori del campo argentino, a far comunella con gente della Capital.
Illustrazioni tratte dal seguente tweet: https://twitter.com/DiegolanDibujos/status/1617926604809973760?t=qlvwoC6jPLSFMBAW-M1jjg&s=19
In effetti, per capire il peso di questa amicizia quarantennale è necessario calarsi quantomeno un poco nel contesto sociale e culturale argentino.
Spesso noi europei ci immaginiamo questo sterminato paese come un blocco granitico, di costumi, abitudini e via discorrendo.
Niente di più sbagliato.
L’Argentina è un paese fortemente diviso.
Spesso e volentieri in due.
Un paese diviso
La famosa “Grieta”, la frattura teorizzata sin dagli anni ’40, divide il paese in forma manichea in una miriade di aspetti.
Peronisti contro Radicalisti.
Montoneros contro Milicos.
Interior contro Capital.
River contro Boca.
Empanada frita contro empanada al horno.
Campo contro Conurbano.
Villas contro Country.
Polo contro potrero.
Asado de leña contro asado de carbón.
Solo passando in rassegna questa manciata di aspetti è facile vedere come le due realtà divergano in maniera importante di molti aspetti.
L’Almirante Brown è il club storico della capitale, con simpatie chiaramente peroniste, rappresentante del proletariato urbano del conurbano bonaerense visto come fumo negli occhi dal tessuto produttivo agricolo dell’interno del paese. Dove si trova Junin, casa del Sarmiento, rappresentante della provincia in continua contrapposizione con CABA (Ciudad Autonoma de Buenos Aires), tendenzialmente anti peronista, nonostante lo stadio dedicato ad Evita.
Nemici naturali, almeno a livello teorico, che invece, come nella migliore tradizione Disney da Red & Toby in avanti, si riscoprono affini e legati da un qualcosa di sorprendente e profondo. Immutato anche quando le sfide in campo hanno messo di fronte le due compagini.
Il duello per antonomasia fra le due istituzioni fu senza dubbio la rimonta dell’Almirante Brown nei confronti del Verde nel 2009/10. Una cavalcata incredibile della Fragata che recuperò ben 12 punti in classifica al club di Junin, centrando l’agognata promozione alla B Nacional.
In altre occasioni le tifoserie aggirarono il divieto di trasferte imposto dal governo semplicemente vestendo l’una i colori dell’altra, oppure dandosi manforte nei momenti di difficoltà, come in quella finale per la promozione contro l’Estudiantes de Buenos Aires.
Probabilmente la volontà di condividere, di accettare di andare oltre le rispettive differenze è la morale di questa strana storia che ci arriva dall’altro lato del mondo, stranamente in un contesto sociale dove le differenze, “las grietas”, sono inaccettabili e insanabili, con conseguenze anche nefaste.
Sarmiento e Almirante Brown, che storia!
Un esempio di come questa maniera di vivere il futbol possa essere drasticamente innovatrice lo diede nel 2018 Roberto Diaz, un fanatico dell’Almirante Brown che ha intrapreso un’impresa molto dura, proprio in nome di questa decennale amicizia.
In quel periodo uno dei più noti tifosi del Verde, Luis Alberto “Titi” Gonzalez, si ammala gravemente.
Le cure sono costose e Titi non naviga certo nell’oro. Entrambi le tifoserie organizzato raccolte fondi, cercano di aiutare la famiglia in ogni modo, ma esiste un uomo che vuole fare un passo in più.
Roberto Diaz è un tifoso di lunghissima data del Brown. Non un tifoso qualsiasi, ma con quarti di nobiltà visto che il padre fu uno dei principali propulsori dell’amicizia fra il club di Junin e quello di Moron.
Vuole offrire supporto all’amico, qualcosa di più personale ed emotivo rispetto ad un assegno, prezioso, ma freddo per una persona malata e sofferente.
Alza la cornetta, compone il numero di Titi. “Aspettami, fra poco arrivo.”
Imbocca la Ruta 3 e percorre a piedi i 250 km che separano questi due microcosmi.
Dalla tentacolare metropoli, da La Matanza, San Isidro e dalle infinite distese di caseggiati popolari alla solitudine del campo bonaerense.
Ore e poi giorni di camminata solitaria, sotto la fredda pioggia dell’inverno atlantico, con al massimo qualche imperturbabile mandria di vacche o qualche cavallo particolarmente curioso a far da spettatore a questa piccola grande testimonianza di amicizia.
Sabato 25 agosto 2018, dopo una settimana di cammino fra freddo, pioggia battente e qualche ora di sonno in tenda, Roberto arriva a Junin. Viene accolto da una piccola folle di hinchas del Verde, distrutto, ma orgoglioso del sacrificio fatto in nome della sua amicizia con El Titi.
Nello stesso momento o quasi la Fragata, a 250 km di distanza, batte 1-0 il Barracas Central con gol del Gurì Garcia, per la gioia dell’Isidro Casanova e di tutta Junin dall’altro lato della provincia.
Sarmiento e Almirante Brown: il karma pare avere preso in simpatia questa strana amicizia fra popoli di colore diversi.
“Sarmiento y El Brown, un solo corazon!”
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