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Yemen: calcio, meraviglia e pianto

Architettonicamente lo Yemen è il paese più bello del mondo. Sana’a, la capitale, una Venezia selvaggia sulla polvere senza San Marco e senza la Giudecca, una città-forma, la cui bellezza non risiede nei deperibili monumenti, ma nell’incompatibile disegno… è uno dei miei sogni”. Scriveva così Pier Paolo Pasolini, in riferimento ad una terra che per complessità della propria storia e al contempo della sua sanguinosa realtà ha pochi rivali.

Lo Yemen possiede un fascino speciale, ancestrale, segnato da un passato lunghissimo (che ne fa tra l’altro uno dei primi centri di civilizzazione dell’umanità) e da un presente a dir poco travagliato, fatto di problematiche sociali, guerre civili e dispute internazionali, anche recentissime.

Il calcio è da sempre la disciplina più amata e il più praticato in giro per le caratteristiche città dai palazzi marroni, tipici di un patrimonio strutturale particolare e ricchissimo, tendente alla verticalità e alle decorazioni. La nazione che conosciamo oggi non coincide con le cartine del secolo scorso. Fino alla riunificazione del 1990, il territorio era infatti spartito fra Yemen del Nord e Yemen del Sud.

In termini calcistici la parte settentrionale è stata la prima a scendere in campo su scala internazionale, inizialmente sotto il nome di Sultanato di Lahej. Ha partecipato a vari tornei dell’area araba a partire dagli anni ’60, andando però incontro a sconfitte dai passivi pesantissimi quali le due goleade ravvicinate subite per mano della Libia (16-1 e 13-0).

In seguito a regnare è stata l’inattività, con quasi due decenni senza partite ufficiali. Si è potuta invece misurare con avversari diversi la selezione meridionale, che ha sfidato squadre come Mauritania, Guinea e Algeria. Lo Yemen del Sud vanta come fiore all’occhiello della propria storia la qualificazione – seppur raggiunta automaticamente causa rinunce delle altre contendenti – alla Coppa d’Asia del 1976, ospitata e vinta dall’Iran. Due degli interpreti più rappresentativi sono Abubakar Ibrahim Al-Mass e Wagdan Mahmoud Shadli.

Quest’ultimo, figura simbolica sia nel periodo pre-riunificazione che in quello successivo, merita un approfondimento. Complessivamente conta infatti più di 50 presenze con la casacca yemenita, condita da 16 reti, ma la sua carriera presenta anche alcuni momenti travagliati. Ad esempio, in una partita del campionato locale fu accusato di aver fomentato i tifosi a creare disordini e lanciare oggetti sul terreno di gioco, in segno di protesta ad un rigore concesso a sfavore. Si ritirò nel 1999, quando il suo rapporto con i tifosi era già compromesso.

Trasferitosi in Svizzera, i figli si avvicinano al campo e uno dei due, Adel, attira l’attenzione degli osservatori di clubs di assoluto prestigio, dal Manchester United al Lione. Proprio con l’Olympique e più tardi il Barcellona ha l’occasione di svolgere un provino, salvo poi volare negli Emirati Arabi Uniti per unirsi allo Shabab Al-Ahli. Shadli rientra in patria e lavora come consigliere occupandosi di gioventù e sport, categorie di cui sarà assessore nella sua città natale, Aden. Nel gennaio 2023, ha inoltre criticato il governo yemenita per la mancata valorizzazione del calcio nel paese, evidenziando le lacune dopo le sconfitte contro l’Arabia Saudita e l’Oman.

Per quanto riguarda la lega locale, la Yemeni League, si è dovuta fermare per sei anni sotto i colpi della guerra civile. Nel 2020 si organizza poi un’ “Activation League” di riscaldamento verso l’effettiva ripresa del campionato. Nonostante le gravissime difficoltà, il pubblico ha sempre risposto presente, che fosse per riempire le piazze di quartiere o i trentamila posti dell’Al Thawra Sports City per la ripresa del football ufficiale.

Tra l’altro, un’ulteriore prova di grande coinvolgimento la si ha avuta in occasione del trionfo nel West Asia U15 Youth Cup, nel dicembre 2021. I ragazzi yemeniti hanno avuto la meglio sull’Arabia Saudita al termine di una partita molto sentita, decisa solo ai rigori. La reazione di festa nelle strade è stata per certi versi inaspettata, ma fortissima.

La squadra più vincente del paese è l’Al-Ahli Sana’a, fondato nel 1952, con 11 affermazioni totali. Il principale derby della capitale –il “Summit”– vede loro scontrarsi con i rivali dell’Al-Wahda, soprannominati i Falcons. L’Al-Ahli Sana’a detiene attualmente il titolo, conquistato la scorsa stagione al termine di una competizione articolata. Prima una fase a due gruppi – composti in base alla provenienza geografica da sette partecipanti, poi scese a sei complice il ritiro di un team per ciascun ramo – poi la Final four.

Gli uomini guidati dal tecnico marocchino Idrees Muratab hanno da poco terminato la loro avventura nell’ultima Gulf Arab Champions League. Sono arrivati ultimi nel loro girone, conquistando quattro punti nel girone con l’Al-Nasr Dubai, il Duhok e il Dhofar. Proprio la rappresentante omanita è stata battuta 0-2 nel match di andata, regalando un’immensa gioia al club.

In mezzo a loro nella classifica degli scudetti appuntati sul petto, nonostante dopo il ’90 siano saliti sul trono solo in due frangenti, ci sono i biancorossi dell’Al-Tilal di Aden. È il club più antico della penisola arabica grazie alla sua fondazione datata 1905. Nel nuovo millennio nello Yemen sono sbarcati diversi profili interessanti dall’Africa, che hanno contribuito ad accrescere la qualità e anche il ruolo del torneo nel mercato. Ad esempio, nella graduatoria dei marcatori a trionfare sono stati anche bomber della vicina Etiopia, su tutti Yordanos Abay. Bandiera dell’Al-Saqr, passò brevemente anche dagli olandesi del Vitesse senza mai esordire in Eredivisie. È lui ad occupare l’attuale quinta piazza nella lista dei migliori cannonieri all-time della lega. In testa troviamo la leggenda Ali Al-Nono, che in carriera vanta varie esperienze all’estero, fra le altre in Egitto e Siria. In patria ha gonfiato la rete per 163 volte.

Africano, e nello specifico algerino, è anche il commissario tecnico della nazionale, subentrato nel novembre 2023 al ceco Soukup. Si tratta di Noureddine Ould Ali, sul cui curriculum compaiono esperienze affascinanti. Ha svolto alcuni mesi in virtù di osservatore del Saint-Étienne e diversi periodi da vice allenatore (Constantine, USM e MC Alger i nomi più importanti). Poi le le avventure asiatiche, la più importante quella da head coach della Palestina. Predilige il 4-2-3-1, lo stesso modulo con cui ha raggiunto un risultato storico. Il contesto è quello della Coppa del Golfo, manifestazione che riunisce periodicamente le otto federazioni membro della medesima associazione, la AGFF.

L’Al-Yaman As-Sa’eed ha debuttato nel 2003, diventando l’ultima nazione ad unirsi al gruppo e non aveva mai vinto una gara. La prima gioia è finalmente arrivata il 28 dicembre 2024 quando il difensore centrale Harwan Al-Zubaidi, all’87° minuto, ha siglato l’1-2 finale contro il già qualificato Bahrain. Dopo aver punito il paese in cui militava, in cadetteria con la casacca dell’Al Hala Muharraq, il classe ’99 ha firmato un nuovo contratto con l’Al-Zawraa SC, club di prima divisione irachena.

Un traguardo atteso a lungo e significativo, come visto dalla commozione degli interpreti sul rettangolo verde. Segnali positivi c’erano stati anche nelle sconfitte di misura contro Iraq (1-0) e Arabia Saudita (2-3, con goal saudita realizzato solo nei minuti di recupero). E non bisogna scordarsi neanche dei tre risultati utili nell’arco di sei partite (contando l’1-1 con il Kuwait e il 2-0 ai danni dello Sri Lanka, entrambi in amichevole). In questo momento, nel ranking FIFA la compagine yemenita occupa la 158ª piazza, fra Puerto Rico ed eSwatini.

La presenza di elementi dai campionati europei è bassa e non apporta un salto di qualità. La meta più battuta per gli espatriati del pallone è il Qatar. Ma quella con il maggior numero di uomini stabilmente convocati è l’Iraq: sono 6, fra cui il trequartista e capitano Al-Mutairi, in forza ai bahreiniti del Sitra Club. Spostandoci proprio nel vecchio continente, l’unico a misurarsi con una lega di massima divisione è Tareq Shihab, classe 2001.

Olandese di nascita e inglese di passaporto, ha collezionato una manciata di gare con le giovanili d’Oltremanica. Ha compiuto la trafila con il Brighton, per poi scendere di categoria e, successivamente ad una breve parentesi statunitense, scegliere l’Islanda. Dopo il buon impatto al Grótta, in estate il centrocampista si è accasato al HK Kópavogs.

Da segnalare, più per pura statistica che per legami con la nazionale, un paio di rappresentanti sia in Germania che in Finlandia. Ma qui parliamo tuttavia di puro dilettantismo, rispettivamente non superiore al sesto e al quinto livello della piramide. Il calcio yemeniti non è messo malissimo, ma sicuramente ci si aspetta una crescita importante nei prossimi anni.

I prossimi impegni saranno valevoli per le qualificazioni alla prossima Coppa d’Asia e il girone non è proibitivo. Comprende infatti il Bhutan, il Brunei Darussalam (entrambi sulla carta meno attrezzati) e il Libano. Il calcio in Yemen, comunque, ha già vinto. E non solo a spese del Bahrain. Ma per la passione della gente e l’uso di questo sport come strumento di unione e speranza durante i conflitti logoranti e tremendamente attuali.


Il meglio del calcio internazionale su Sottoporta: Il rapporto tra il Marsiglia e l’Africa

Immagine di copertina realizzata da Fabrizio Fasolino.

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