Vi raccontiamo l’avventura americana di Gerd Müller ai Fort Lauderdale Strikers, dove fu compagno di un dispettoso George Best.
Nel 1979 Gerd Müller era un calciatore che poteva guardare al suo passato con orgoglio e soddisfazione. Aveva vinto tutto, con il Bayern e la nazionale tedesca, ma era alla ricerca di nuovi stimoli. In un primo momento “Der Bomber” non prese in seria considerazione l’ipotesi americana. Anche perché, nonostante la presenza di Beckenbauer nei Cosmos, la stampa tedesca aveva ribattezzato la NASL (North American Soccer League) “OperettenLiga“, bollandola come un qualsiasi circo Barnum, senza le stimmati di campionato serio. Però alla fine, attratto da un contratto equivalente agli attuali 3 milioni di dollari, e da una villa sull’oceano (affittata a 107mila dollari mensili), Müller accettò le offerte dei Fort Lauderdale Strikers. Il club della Florida, pur avendo in squadra George Best, non era riuscito a vincere il titolo a stelle e strisce.
“Con Müller cambierà tutto – raccontò ai cronisti il presidente Joe Robbie, proprietario anche dei Miami Dolphins di football – abbiamo trovato il pezzo da novanta per rivoluzionare le gerarchie del pallone americano“. Robbie non fu un buon profeta.
L’avventura di Gerd Müller in Nasl
Gerd Müller disputò due stagioni e mezza, realizzando 38 gol in 71 presenze, dimostrando di non aver smarrito l’appuntamento con la rete. La sua permanenza in Florida fu però costellata da un’infinità di problemi, mitigati solo dallo stipendio e dalla casa con vista sull’oceano. Il primo vero ostacolo fu proprio il dualismo con Best, sempre altezzoso, dispari, e per nulla felice di condividere la gloria con un altro gallo nel pollaio.
In campo, durante le partite decisive, l’ex tenore dello United, sostenuto da alcuni compagni e connazionali (nel senso di britannici) come Fogarty, Gary Jones e Whelan, fece di tutto per disinnescare il fuciliere tedesco. Müller, come tutti sapranno, non era un gigante, ma in area di rigore non perdonava. Fu così che Best suggerì ai compagni di crossare palla al centro per i colpi di testa, mettendo in seria difficoltà il bomber tedesco. “Se non mi arrivano palloni giocabili a terra, cosa ci sto a fare?“, si sfogò un giorno l’attaccante teutonico.
La situazione migliorò quando Best lasciò Fort Lauderdale per firmare con i San Jose Earthquakes. E nel 1980 gli Strikers arrivarono a disputare addirittura la finale della NASL, ma furono sconfitti (3 a 0, doppietta di Chinaglia) dai Cosmos del suo ex capitano Beckenbauer. Quello che il 21 settembre del 1980 disputò il SoccerBowl della sfera di cuoio era comunque un Muller claudicante, tormentato dai problemi alla schiena.
“Non riuscivo a stare in piedi. La situazione peggiorava di partita in partita e pagai la scarsa professionalità del mio club, che non aveva a libro paga neppure un massaggiatore”. Müller giocò l’ultima partita con i Fort Lauderdale, e quindi della sua carriera nell’agosto del 1981, di fatto 40 anni prima della sua morte. Fu uno 0 a 0 contro i greci dell’Olimpiacos Pireo. Aveva 36 anni e di agonismo vero e proprio non ne volle più sapere. Neanche quando in quei giorni arrivò un offerta dalla matricola tedesca Darmstadt per un ritorno, che non ci fu, in Bundesliga.
Rimase in Florida per altri tre anni, allestendo squadre amatoriali di immigrati tedeschi, ma solo per puro divertimento, purtroppo iniziando anche rimanere vittima dell’alcolismo. Gerd Müller, come i grandi vecchi che in quegli anni sbarcarono negli Usa, tentò di mettere in moto un torneo, e l’annesso fenomeno calcio, che non decollò, arrivando al tracollo nel 1984. Le spese per i “senatori” erano esose, ma non esisteva un ricambio generazionale di una disciplina sportiva accolta in quegli anni timidamente. Fateci caso, gli americani amano gli sport dove la palla si può toccare con le mani, e il calcio non lo consente, non concepiscono i pareggi, e amano il time-out. Solo dopo i Mondiali del 1994 la passione per il pallone iniziò a divampare.
Articolo scritto da Luigi Guelpa
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Fonte immagine di copertina: Twitter StadiumShack