Barcellona-Manchester United segnò l’apice del ciclo di Pep Guardiola in Catalogna, una storia che parte da lontano e arriva fino al genio di Messi.
28 maggio 2011, Londra, Wembley. Barcellona contro Manchester United, Pep Guardiola contro Sir Alex Ferguson, la Squadra del secolo e l’ultima finale europea del leggendario manager scozzese, campioni e leggende sia dall’una che dall’altra parte.
Più di una partita
Quella che andò in scena quel giorno non è stata una partita qualsiasi: sotto il cielo di sua maestà, il calcio del terzo millennio arrivò all’apice del suo splendore, il tiki-taka catalano come continuazione storica del calcio totale olandese e del suo sviluppo italo-orange con il Milan di Arrigo Sacchi, tenendo in conto le tante altre piccole rivoluzioni sparse per il mondo del football.
Il Manchester United, per buona parte del match, si dimostrò un degno avversario, leoni come Wayne Rooney non puoi addomesticarli, bisogna lasciarli sfogare: emblematico in tal senso, l’avvio arrembante dei Red Devils, con un pressing alto e davvero convincente nella sua intensità. Il pareggio di Rooney ha però segnato l’inizio della leggenda perchè il Barcellona, dal 34′, non mollerà più un solo centimetro. Da quel momento la grandezza mortale del Manchester United deve lasciare spazio alla fantasia, alla razionalità, al processo evolutivo calcistico che non può essere fermato.
Il centrocampo blaugrana rappresenta la perfezione estetica, concettuale e pratica del concetto di possesso e fraseggio, il mantra se abbiamo noi la palla, loro non possono fare niente, viene portato alla sublimazione.
Xavi possiede una visione laterale senza eguali, è il miglior centrocampista del mondo per distacco, in quel 2011 e lo dimostra con il passaggio sublime che porta al vantaggio catalano: l’Architetto tiene palla con la solita grazia, a testa alta e liberi pensieri in circolo. Ondeggia, osserva, colpisce. Al resto deve pensarci Pedrito. Iniesta inventa calcio, è l’uomo fondamentale nei momenti importanti, Busquets sta portando avanti la sua ribellione silenziosa.
Leo Messi, El Fùtbol
Poi c’è lui, Leo Messi, in costante lotta contro i paragoni e i luoghi comuni che noi mortali non finiremo mai di porgli.
La Pulga rappresenta l’evoluzione quantica del calciatore tanto quanto il Barcellona per il concetto stesso di calcio, la classica situazione da prima e dopo, uno stravolgimento senza eguali, il passato che scivola via per lasciare il dovuto spazio al futuro.
Messi è il calcio: un uomo con un fisico da normodotato e due piedi da divinità, con i quali solletica la fantasia e addolcisce l’esistenza umana. Tanta bellezza stordisce e chi non la apprezza o comprende sprofonda nel buio della propria anima.
Il Manchester è intrappolato nel marasma tecnico-tattico catalano. David Villa amoreggia con la palla e piazza sotto l’incrocio il gol del tre a uno, con la stessa delicatezza che utilizzerebbe per baciare sua moglie.
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Quando il signor Viktor Kassai fischia la fine, il mondo sta ancora applaudendo. L’idea di un calcio nuovo, portata avanti da Rinus Michels e Johan Cruijff, passata prima e dopo di loro da diversi uomini e svariati metodi, è arrivata al suo apice.
L’allegria di vivere è un concetto difficile da spiegare, ma partite come questa possono avvicinarci all’estasi e stimolare le nostre sinapsi come pochi altri avvenimenti.
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Fonte immagine di copertina: Instagram Barcellona