Comprendere l’attualità e il mondo che ci circonda: cosa sono i “passaporti grigi” che hanno migliaia di persone in Estonia? Come hanno influenzato il corso recente del paese, calcio compreso?
Il 3 giugno 1992 al Kadrioru Stadioon di Tallinn tirava aria di novità. Sul campo si affrontavano due compagini inedite, alla prima partita ufficiale dopo la ritrovata, o conquistata, indipendenza. Da una parte i padroni di casa dell’Estonia, svincolatisi l’anno precedente dalla morsa sovietica, dall’altra la Slovenia, tiratasi fuori dalla bomba a orologeria jugoslava senza spargimento di sangue. Dopo appena sette minuti il match si sblocca a favore della nazionale baltica, merito di un grandissimo destro su punizione di Aleksandr Pushtov, ai tempi militante nel Pallo-55, in Finlandia, che rende onore al numero 10 sulle sue spalle.
Sembra il preludio per una grande carriera con la maglia del proprio paese. Del resto non sono tanti coloro che bagnano il proprio esordio con un gol, figurarsi quando il gol è per tutti così significativo. Rimarrà invece soltanto il primo di dieci miseri atti. Dopo il 1993, infatti, Prustov smette di essere convocato, e la ragione non è esattamente tecnica. Nato a Kaliningrad, città dell’attuale exclave russa sul Baltico, e trasferitosi in Estonia da giovanissimo per perseguire la carriera calcistica, dopo l’indipendenza si ritrova in una zona grigia della burocrazia e ciò lo rende in parte sgradito. Il suo, però, non è un caso isolato.
Questione di passaporto
Grigio è il passaporto che è stato conferito a Pushtov e a quelli come lui. Che cosa significa, però, “quelli come lui”? Nell’agosto 1991, in concomitanza con la definitiva dissoluzione dell’Unione Sovietica segnata dal fallito golpe contro Gorbacev, l’Estonia proclamò la propria indipendenza. Lo fece restaurando la Repubblica, in vigore fino al 1940. Il paese, infatti, era caduto in mano sovietica secondo il patto Molotov-Ribbentrop, cui aveva fatto seguito l’invasione delle truppe staliniste, e vi era ritornato dopo la guerra e un breve periodo di occupazione tedesca.
Secondo il principio di continuità, insomma, quello baltico era uno stato nuovamente libero, ma non uno stato nuovo. Fu così concessa la cittadinanza estone a tutti coloro che popolavano il paese prima dell’occupazione dell’URSS e alla loro discendenza. Nel frattempo, però, la nazione aveva accolto anche tanti russofoni, ritrovatisi senza documentazione che ne certificasse l’appartenenza a uno stato o all’altro. Non erano estoni, ma avevano rinunciato anche ad essere russi.
La soluzione fu l’attribuzione del cosiddetto passaporto alieno (in estone Välismaalase pass), o “grigio” per i residenti ma non cittadini. Oggi in Estonia ci sono circa 67.000 persone in questa condizione, principalmente russofoni che abitano nella capitale Tallinn e nella parte nord-orientale del paese, al confine con la Russia. Venti o trenta anni fa, però, questi numeri erano nell’ordine delle centinaia di migliaia.
Per ottenere la cittadinanza era ed è necessario svolgere un esame di Stato che di fatto pone come condizioni necessarie la conoscenza della storia, della Costituzione e della lingua estone, oltre a dimostrare di possedere un reddito continuativo. Proprio quello linguistico è un ostacolo non indifferente. Le comunità russofone, infatti, erano solite parlare soltanto il russo e a insegnarlo in maniera esclusiva nelle proprie scuole. La differenza culturale è causa anche di alcune difficoltà nell’inserimento nel mercato lavorativo. Vi sono altre motivazioni per cui in passato qualcuno poteva non richiedere la cittadinanza, dalla semplice questione di principio alla maggiore facilità di entrare in territorio russo, fino all’esenzione dalla leva obbligatoria. Per le istituzioni governative, però, recuperare un’identità nazionale significativa e riconosciuta da tutti è stata da subito una missione considerata necessaria al di là della naturale reazione all’occupazione.
Non erano estoni, ma avevano rinunciato anche ad essere russi.
Nel corso del tempo, le implicazioni per i possessori di passaporto grigio si sono attenuate. Oggi, per esempio, anche i “senza stato” possono circolare liberamente all’interno dell’area Schengen. Inoltre, per i nati dopo il 1992 è possibile ottenere la cittadinanza anche se figli di genitori russi. Comprensibilmente, l’escalation nel conflitto tra Russia e Ucraina ha inasprito rapporti e misure tra le comunità anche in territorio estone.
Putin è molto attento alla possibilità che la minoranza russa, tra eventuali insurrezioni e vittimizzazione, possa giustificare un suo intervento. Dal canto suo, l’Estonia ha messo in atto una serie di meccanismi di protezione. Dal 2030 nessuna scuola del paese insegnerà più il russo neppure come seconda lingua, una transizione già attiva dal corrente anno scolastico. Soprattutto, lo scorso marzo il parlamento ha approvato un decreto-legge firmato dal presidente Alex Karis che vieta il diritto di voto nelle elezioni locali ai cittadini di Paesi terzi, non estoni o non facenti parte dell’UE seppur residenti in Estonia.
Non bastano i gol
Nel 2021, Pushtov ha raccontato al podcast Vosko-Time dell’ex calciatore Vladimir Voskoboinikov di aver finalmente superato il proprio esame di lingua e di essere in attesa della chiusura del procedimento per la cittadinanza, rallentato per via della pandemia. Nel novembre 2023, è diventato estone a tutti gli effetti. Non si tratta dell’unica occasione in cui il nativo di Kaliningrad si è espresso sull’argomento.
Nel 2017, al programma “Aktualnaya Kamera+”, si è detto a favore della proposta, rimasta soltanto paventata, dell’allora primo ministro Jüri Ratas di concedere la cittadinanza a tutti i residenti in Estonia da almeno 25 anni. Lo scorso febbraio ha invece raccontato la sua storia in un documentario in lingua russa prodotto da Настоящее Время, illustrando le difficoltà incontrate nel viaggiare in Europa da tecnico dell’Infonet in quanto cittadino extra-EU, e la richiesta avanzata in passato alle autorità di una sorta di cittadinanza per meriti sportivi, come accade in altri paesi.
Chi di questi meriti ne ha parecchi è Maksim Gruznov, anche lui ex attaccante di mestiere. L’attuale membro dello staff tecnico del Trans Narva detiene il record di miglior marcatore nella storia del campionato estone con 304 gol, un traguardo che difficilmente verrà eguagliato se non superato. Eppure, nel corso della sua carriera, non ha mai vestito ufficialmente la maglia della nazionale. Nato nel 1974 proprio a Narva, città nel nord-est del paese con una percentuale di popolazione russofona che gravita addirittura attorno al 90%, Gruznov è uno dei tanti detentori di passaporto grigio. In passato, Gruznov ha raccontato di aver avuto colloqui sia con Teitur Thordarson che con Arno Pijpers, commissari tecnici rispettivamente sul finire degli anni novanta che nei primi duemila, ma che la discussione si sia arenata proprio per via della questione legata alla cittadinanza, nonostante entrambi volessero metterlo al centro del proprio progetto.
Intervistato dalla Narvaskaya Gazeta nel 2012, l’ex attaccante è stato piuttosto chiaro sulla sua situazione: “sono nato in Estonia, ho vissuto qui tutta la mia vita, perché dovrei avere qualcosa da dimostrare?”. Neppure la prospettiva di potersi mettere in mostra con la maglia della nazionale, un sogno per praticamente tutti i calciatori, ha smosso da Gruznov da quella che per lui è sempre stata una questione di principio.
Una vicenda che lo accomuna ad altri grandi simboli del Trans Narva e dell’intera città. Stanislav “Stas” Kitto, recordman di presenze nel club rossoblu e secondo assoluto nella storia della Meistriliiga (o Premium Liiga, la massima serie estone), non ha mai avuto l’onore della convocazione in nazionale, così come Oleg Kurochkin, storico protagonista del trionfo del Trans Narva in coppa nel 2001, quando un suo destro da fuori area (Kurochkin non ha mai ammesso se si trattasse realmente di un tiro o di un cross) mise KO il Flora Tallinn. La motivazione è la stessa per tutti, l’essere non-cittadini estoni. Anzi, in realtà un’opportunità l’hanno avuta: nel 2019 hanno preso parte a un’amichevole di beneficenza tra una rappresentativa di ex giocatori dello Zenit e una specie di selezione all stars di ex calciatori estoni. Una causa nobile, ma una situazione quasi paradossale.
Rapporti tesi
La questione tra estoni e russi non si arresta ad un pezzo di carta. Ci sono altri due calciatori che hanno condiviso un destino simile per ragioni differenti, e sono Sergei Hohlov-Simson e Konstantin Nahk. Il primo, nativo di Parnu, sul Baltico, ha solcato i campi di Estonia, Israele e Norvegia e ha vestito la maglia della nazionale per ben 58 volte. L’ottenimento della cittadinanza per lui, evidentemente, non è stato un problema, ma l’accettazione esterna forse sì.
L’ex difensore ha aggiunto al suo nome originario, Sergey Khokhlov in russo, il cognome della moglie, Simson appunto, che è un cognome estone. Una scelta che per molti ha rappresentato un tentativo di integrazione, ma che lo stesso Hohlov-Simson ha pubblicamente ridimensionato quando era un calciatore: “quello che conta, alla fine, sono i risultati e non la nazionalità”. Anche Konstantin Nahk, nato invece a Tallinn e per due volte miglior marcatore del campionato estone, all’anagrafe era Kolbasenko, ma alla fine degli anni novanta ha scelto di essere riconosciuto con il cognome della consorte.
Per Hohlov-Simson, ci sono delle differenze anche nell’attenzione riservata ai giocatori del Levadia Tallinn rispetto a quelli del Flora, favoriti quando si tratta di nazionale. Storicamente, il Levadia ha sempre accolto al suo interno una folta schiera di calciatori russofoni, oltre che stranieri, mentre per quanto riguarda il Flora Tallinn la policy del club è dall’inizio quella di privilegiare i talenti estoni. Il club fu fondato nel 1990 da Aivar Pohlak, un ex arbitro, lo stesso Pohlak che è poi diventato presidente della federazione calcistica estone, ed è ancora di proprietà della famiglia.
Nel 2011 invece Nahk, finito in uno sciagurato caso di accuse di nazifascismo in seguito a una rissa in campo, si era difeso non soltanto appellandosi a un malinteso, ma rilanciando rispetto alle manifestazioni di russofobia costantemente esternate dalla tifoseria del Flora Tallinn. Anni prima, nel 2004, aveva annunciato il suo addio alla nazionale in seguito a una serie di mancate chiamate, non tanto di denuncia per il funzionamento del sistema con parole simili a quelle utilizzate da Hohlov-Simson. Il confine tra ragioni politiche e etniche o nazionaliste è quindi molto sfumato, per quanto forse talvolta strumentale.
Si è sempre esposto con altri toni invece Konstantin Vassiljev, uno dei più grandi calciatori nella storia del calcio e della nazionale estone, di cui è anche leader per presenze. Esploso con la maglia del Levadia Tallinn, squadra della sua città, il numero 10 ha ottenuto la sua cittadinanza alla soglia dei 18 anni. Rispetto ad altri russofoni, Vassiljev aveva studiato la lingua estone a scuola, dovendo quindi sostenere il suo esame soltanto sulla storia e la Costituzione. Al portale russofono Delfi ha espresso così la sua opinione: “Il calcio non è solo ciò che succede in campo, ma anche la squadra, i giornalisti, le interviste. È bello ascoltare qualcuno che parla coerentemente e senza errori”.
La sua figura ha però generato parecchio clamore mediatico, e non in senso positivo, quando nell’aprile 2024, in una puntata del podcast “Kolmas poloaeg”, il trequartista ha dichiarato di non essere dalla parte di nessuno nel conflitto tra Russia e Ucraina, e che la pace potrebbe esistere anche in caso di vittoria russa. Parole che hanno varcato anche il confine, e che hanno costretto la Federazione a una riunione d’emergenza sul caso.Alla fine, Vassiljev non è stato costretto ad abbandonare la nazionale come pure si era rumoreggiato, ma ha ceduto il ruolo di capitano per evitare ulteriori polemiche. Nel corso di una conferenza stampa si è espressa a riguardo anche la premier estone Kaja Kallas, che si è detta costernata da come “ci siano persone in questo paese cui manca la conoscenza della storia”.
Del resto, Kallas e Vassiljev si erano già scontrati a distanza quando l’ex capitano del Flora Tallinn era finito, insieme ad altre figure di spicco del calcio estone, nel bel mezzo di uno scandalo a mezzo Instagram nel dicembre 2022. Il tema centrale è sempre il conflitto tra Russia e Ucraina, la causa scatenante una foto pubblicata dall’agente calcistico Andrei Stepanov che ritraeva Vassiljev, Sergei Zenjov (attaccante del Flora e della nazionale) e Andreas Oper (parte dello staff della nazionale fino all’Aprile 2023 con un passato politico alle spalle) a cena con Valerij Karpin, estone di nascita, ma commissario tecnico della Russia. Alle polemiche, i tre hanno risposto con un comunicato congiunto con la Federazione: “La nostra posizione sulla guerra è sempre stata la stessa – non ha alcuna giustificazione. Abbiamo sempre difeso l’Estonia in campo e fuori e continueremo a farlo”.
Football Hospital, l’organizzazione che riunisce i tifosi della nazionale estone, ha condannato l’accaduto con fermezza.Kaja Kallas ha risposto duramente con delle dichiarazioni all’emittente Raadio 4: “Sembra i giocatori non si siano resi conto di essere uno strumento del cosiddetto soft-power”, e ancora: “la reazione dopo la pubblicazione è stata restia e non del tutto sincera”. Le ha fatto eco il Ministro della Cultura Piret Hartman: “C’è una guerra nel cuore dell’Europa e dobbiamo fare di tutto per non supportare l’aggressore”. In tempi di guerra, anche i rapporti vanno rivisitati: tra bianco e nero, per il grigio c’è poco spazio.